mercoledì 23 ottobre 2013

INCONTRO TRA FRULLATORE E VIDEOTAPE (1985)



1. Con la mia telecamera tascabile avevo filmato il nostro incontro in Pretura, perché è difficile descrivere a parole qualcosa o qualcuno che non ha un esterno. Di questo parleremo dopo.

2. Finirà diciamolo subito, finirà un giorno questo assurdo antropomorfismo della macchina che si identifica col corpo, costretta ad avere un involucro, una carrozzeria, una superficie, che il tatto percepisce come inutile copertura di vuoti, di buchi di niente.
In un minimo incidente stradale si vede bene che la superficie ammacca solo se stessa e la vettura va, ancora a sbrendoli o a cartoccio, ma va.
Si vede bene se un amante geloso sfoga i suoi pugni sul frigorifero, che il frigorifero va, o, semplicemente, se a caffè uno continua a schiacciare la lattina vuota, che c’è sempre un pò di vuoto che resta intatto.
La superficie serve solo per l’occhio e l’occhio riconosce bocca, occhi, denti, dove ci sono tasti, pulsanti, lastre di vetro, bulloni.
In qualsiasi macchinario, anche in quelli sepolti nelle fabbriche sotterranee, folli leggi contro gli infortuni, impongono coperture parodistiche e la parodia passa nel linguaggio, lo confonde e disgrega la conversazione: 
«la bella carrozzeria di quella ragazza» — «il braccio di un carerpiller».
Se le macchine non avessero involucro non se ne potrebbe parlare.
Ora, in Pretura, la ragazza esponeva la sua bellezza, che è tutta interiore.
Non se ne può parlare. Si muoveva agitata e noi possiamo ammirare la sua bellezza solo quando la macchina è ferma.
La scoperchiamo, infiliasno la testa dentro, il dito fra i fili, l’unghia nella valvola.
Vesalio fu il primo a capire il problema. Ma ce ne sono stati pochi e non hanno molto seguito. D’altra parte in qualsiasi letto, l’atto d’amore va verso l’autopsia. La ragazza è ferma. C’è qualcosa di rotto o qualcosa si rompe.

3. Chiamato a vedere cosa succedeva al mio impianto di videotape, che non rendeva l’immagine raccolta in Pretura, il folle esperto, smontò molte cose e fra le altre un vecchio frullatore caparbio, che procedeva a salti. Tutte queste interiora sono rimaste sparse. Il lavoro l’avrebbbe continuato il giorno dopo e il giorno dopo non si è più visto nessuno.
Mi accade spesso di sognare tipi diversi di macchine, che di colpo si slacciano gli involucri, esibiscono i loro eccitanti interni e si mescolano con furia e con passione, dal vivo, unendo le loro fonti di energia. Ma io sono un caso a parte: avrete notato che la psicanalisi non è meccanicistica. E in ritardo sul secolo. In due parole: non c’è un’officina di psicanalisi. Non c’è un solo psicanalista meccanico, da chiamare al Soccorso ACI per i guasti che si verificano in sogno.
L’incontro di un frullatore con una video-rape genera la visione di una macchina visibile solo per successione interiore, abolita ogni necessità visiva di un qualsiasi esrerno.
Forse il concetto di intimità può essere percorso solo in una successione di interni.

4. La mia storia d’amore ormai si agita dentro al frullatore/videorape. Vibrazione per vibrazione la mia storia trasaliva. Si amplificava, con le sue immagini costruiva un unico frappé immaginario e più gli organi del frullatore si addentravano oltre l’involucro della cassetta, più la mia storia di un martino in Pretura con la ragazza che insiste per gli alimenti, ridotti al terzo, escluso il mantenimento, trasaliva oltre in incontri notturni su ampi rerrazzi, chiome d’alberi e musica in Giardini Pubblici — aperti a una miriade di altri amori, insegni- menti nell’ombra, finestre ammorbidite di luci velate.

5. Già adesso — mi si dice — nei sistemi dei robot si adoperano insiemi computativi di due macchine. Insomma una fa da cervello all’altra, forse reciprocamente. Nel prototipo sperimentale del robot integrale sovietico LPI — 2 (dice Vjaceslav V. Ivanov) il sistema di di controllo è basato su un insieme computativo che affianca i calcolatori «ASUT-6000» e «Miusk 32».
Nella mia storia, mentre vedo il videotape che gira inviscerato nel frullatore, non si sa se il frullatore effettua operazioni illogiche con sequenza indiscreta di simboli o se il video-tape elabora blocchi d’informazione complessi o viceversa. Sia che il frullatore faccia da cervello, sia che il nostro faccia da cervello: le immagini vertiginose si accoppiano in una enorme melassa.
La giovane signora con la mia testa si avvicina a me con la sua,.
Mi prende alla mia gola con la mia mano destra e d’improvviso mi bacia con la mia bocca mentre rispondo con il fremito della sua e Giorgio, l’amico abbandonato, vibra fra me e lei cercando io me il sapore di lei e lei cerca in sé il sapore di lui, sapori diversi nel plancton bianco e nero del frullatore, che emulsiona l’io, il tu e il lui.
Non c’è pace. La vibrazione interessa a se stessa e l’amore va avanti a flutti, una marea d’istinto e di repressioni, ricordi, previsioni del futuro, Appena due si attardano per far l’amore, scoppia attorno a loro il branco, l’assemblea e ognuno vuole la sua pane di feconda zione, la sua parte di uova. Un unico sperma ci copre tutti. Pezzi di corpo saltano nelle fauci degli inseguitori, che non rinunciaoo a inseguire e non molleranno mai la parte della mia vita che hanno avuto. Gli appartiene e non mi appartiene più. Perché ognuno sente il dirirtto di portare avanti la vita anche degli altri. E di colpo, anche nei sogni, ti saltano addosso e ti mandano in pezzi.

Corrado Costa

mercoledì 9 ottobre 2013

[biblioteca] il dono del'inesauribilità

[OCR] io sostengo che in ogni attività intellettuale e più importante tornare su poche cose che incontrarne continuamente di nuove..., le poche cose devono avere il dono dell'inesauribilità... non che sia semplice... certo non è che uno inizia la propria vita e si fa un indice dei libri da scegliere. Sono incontri casuali.., del resto, voglio dire, la vita è tutta una serie di circostanze fortuite aiutate naturalmente dall’istinto. Alle volte si mette la mano su un libro giusto al momento giusto. Si dice è fortuna, probabilmente é fiuto, istinto, qualcosa d'altro..., io sono nato in una casa nella quale c’erano molti libri per l’epoca. L’Italia é un paese, soprattutto l’Italia del Sud... se in una casa c’erano tre o quattro libri erano anche troppi. In casa nostra avevamo una biblioteca di circa tremila libri, in gran parte magari inutili, però. Mio padre era medico, però questi libri si erano formati nel tempo... c’era anche un settore letterario, atlanti, libri di architettura quasi nessuno. Ecco, in questo scaffale alle mie spalle ho uno dei libri presi dalla biblioteca di Lauro. E, credo, la prima edizione dell’opera completa di Leopardi, un libro che mi accompagna costantemente. Uno di quei libri che hanno quel cdono dell'inesauribilità... è strano: pur non potendo sostenere che la letteratura possa essere di qualche aiuto all’architettura, perché [leggi tutto]
 
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martedì 8 ottobre 2013

Francesco Venezia ‘Ncopp ’o Vommero..

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Guardi, Napoli a me è sempre apparsa... nel modo in cui si denotano, si designano le grandi parti della città da parte del popolo, nella tradizione popolare, mi é sempre sembrata come un grandissimo corpo... mi ha sempre colpito, ad esempio, il fatto che, nella tradizione popolare, il muoversi dentro Napoli e indicato dall'uso di preposizioni particolari. Per esempio in molte città si dice piazza, via, largo. Invece qui si dice dentro, fuori, ’ncopp, abbascio. C’è sempre questa idea del rnuoversi su un corpo. Come lei sa, in dialetto si dice ‘for ’a Caracciolo’, non si dice ‘a via Caracciolo’.
‘Ncopp ’o Vommero..
‘Abbascio ’a Sanità, e cosi via. Questo e importantissimo. Sembra una sciocchezza, ma nell'immaginario popolare Napoli é un luogo dove il muoversi non è legato ad una toponomastica di tipo napoleonico, con strade, numeri civici, ma cornporta appunto il prendere una posizione rispetto al corpo... si fanno dei gesti,
delle mosse che esprimono proprio questo rapporto con un corpo.
Un rapporta fisico.
Si, fisico, fisico. Uscire, entrare, scendere, salire: non e solo il ìsuperare un dislivello, perché ci sono altre citta dove questo aviene, ma si da sempre l’indirizzo, si dice vado a...


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Vede, l'identità di Napoli è basata fondamentalmente su una straordinaria armonia tra geografia naturale e geografia costruita, Napoli ha questo di straordinario. Tante città hanno il mare, ma il mare a Napoli ha un rapporto di compenetrazione con la parte artificiale della città, è questo il fatto straordinario. Lei sa che in architettura è affascinante quando io posso vedere da uno spazio interno un alro spazio interno attraverso uno spazio esterno. Questo si ottiene solitamente con una forma ad esedra. Io, stando nell’interno di un edificio, vedo l’altra persona al di là di una finestra, ma attraverso uno spazio esterno. Ecco, a Napoli questo meccanismo, che in arhitettura é molto fruttuoso, coincide con la forma stessa della cità. Io ho sempre la possibilità di guardare... e quello che avviene anche nelle città di fiume, che sono bellissime perché ho sempre la possibilità di mirare una parte della città dall’altra sponda, con il collegamento dei ponti. Napoli è una citta di mare con un golfo immenso, perché il golfo di Napoli e immenso... ma questo rapporto è continuarnente attivato, attivato qui, attivato anche ai Campi Flegrei, basta vedere la sequenza di Capo Miseno, Procida, Ischia. Questa mi sembra la vera peculiarita di Napoli.

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