mercoledì 30 gennaio 2013

Achtung!

venerdì 1 febbraio alle ore 18:45 riprendono i nostri incontri con il cinema 
Achtung! Banditi! di Carlo Lizzani
Edizioni  Empirìa | Libreria/via Baccina 79 00184 Roma  | tel. 06 69940850 fax 06 45426832 | ww.empiria.cominfo@empiria.com   
venerdì 8 febbraio alle ore 18:45 | I giorni contati di Elio Petri

lunedì 28 gennaio 2013

Poemi & Oggetti

Giulia Niccolai sarà a Roma mercoledì 30 gennaio alle 17.00
 alla Biblioteca Vallicelliana (Piazza della Chiesa nuova 18, 2° piano).
Si presenta il suo Poemi & Oggetti, trentunesimo e ultimo titolo di
fuoriformato, edizioni Le Lettere.
Ne parleranno con lei Andrea Cortellessa, Milli Graffi, Graziella Pulce,
Franca Rovigatti. Coordina Tiziana Colosso.



domenica 27 gennaio 2013

videor

Videor. videor, vidēris, visus sum vidēri. È un verbo deponente e significa “sembrare”. In italiano ha costruzione impersonale, cioè è usato sempre alla terza ...

Sogna e piangi, povera stirpe

Da: Diari, tr.it. di E.Pocar, Milano, Mondadori, 1960, vol.II, pp. 159-160
Sogna e piangi, povera stirpe,
non trovi la via, l'hai perduta.
Ahimè! è il tuo saluto la sera,
ahimè! il saluto al mattino.
Non voglio niente, soltanto sfuggire
a mani d'abisso che si tendono
per trascinar giù me impotente.
Pesante precipito nelle mani protese.
Sonante si udì sui monti lontani
un lento discorso. Sostammo in ascolto.
Esse portavano, ahimè, larve d'inferno,
smorfie velate,il corpo premuto contro di sè. 
Un treno lungo lungo porta l'immaturo.
(luglio 1916)

time

Chi segue con cura gli accidenti di fonetica, di alterazione dei segni e le profonde erosioni del linguaggio; Chi partecipa ai grandi dibattiti di semantica; Chi e' un'autorita' nelle matematiche usuali e si diletta nel computo dei tempi per il calendario delle feste mobili (il numero d'oro, l'indizione romana, l'epatta e le grandi lettere domenicali); Chi da' gerarchia ai grandi uffici del linguaggio; Colui al quale sono mostrate, in luogo altissimo, grandi pietre lucide per l'insistenza della fiamma
Quelli, quelli sono i principi dell' Esilio e non sanno che farsene del mio canto

EXIL (Esilio) Saint-John Perse

movie

domenica 20 gennaio 2013

Invito a un'indagine

plus.google
" (::) sullo schermo compare una griglia di lettere da collegare per formare quante più parole possibili; l'utente ha a disposizione due minuti per sfidare in tempo reale (::)",..

Ruzzle: il popolare gioco per smartphone diventa un quiz TV



reference della biblioteca [OrlandoFurioso_4] lezione di Marco Lodoli
5_OrlandoFurioso/Lodoli alla Biblioteca Alessandrina de La Sapienza




sabato 19 gennaio 2013

il reading

https://plus.google.com/
Le donne, i cavallier, l'arme, gli amori, ... L'acqua, la terra al suo favor s'inchina: | Gioveni vaghi e donne innamorate | Amano averne e seni e tempie ornate.
Questa scuola che inchioda lo studente al suo banco non s'addice a Cattelan, 
ma è sempre utile all'arte, è evidente.
zeman: "tutte le grandi squadre [e citava intanto]
hanno mai rinunciato al loro gioco"
 
da-new-york/2011/mostra-all-cattelan Il Guggenheim Museum di New York ha dedicato una retrospettiva all’artista italiano Maurizio Cattelan, intitolata All.  Le 130 opere in esposizione non sono state disposte in modo tradizionale – ordinato e cronologico – negli spazi laterali alla grande rampa a spirale del museo progettato da Frank Lloyd Wright: ma come in altre occasioni precedenti è stato sfruttato lo spazio centrale circondato dalla rampa, su cui i visitatori si affacciano dai vari piani per vedere le opere, tutte appese al soffitto, ad altezze diverse, con cavi e corde. La novità rispetto ad altre installazioni sta nell’affollamento delle opere radunate tutte assieme, che danno così l’impressione disordinata e omogenea insieme della carriera artistica di Cattelan: All, appunto.

Gran Proemio

1
Le donne, i cavallier, l'arme, gli amori,
le cortesie, l'audaci imprese io canto,
che furo al tempo che passaro i Mori
d'Africa il mare, e in Francia nocquer tanto,
seguendo l'ire e i giovenil furori
d'Agramante lor re, che si diè vanto
di vendicar la morte di Troiano
sopra re Carlo imperator romano.


https://plus.google.com/

venerdì 11 gennaio 2013

Bemporad, come fare

dodici pezzi di nausicaa con giovanna bemporad (1988) 

a. https://plus.google.com/1
b. https://plus.google.com/2
c. https://plus.google.com/3
d. https://plus.google.com/4
L'eccentricità di Giovanna Bemporad; il suo talento; e le stereotipìe nelle quali si era fissata la sua vita dopo quello che lei considerava il tradimento dei letterati e degli artisti; la sua vena poetica che, compressa in un senso, si esprimeva in tanti altri. I suoi versi classici finivano sempre in una modernità sua originale.
Ho annotato il suo metodo compositivo che si sviluppava a ugual distanza dall'indagine scientifica delle possibili permutazioni linguistiche e dall'esercizio cibernetico delle possibili disposizioni matriciali del testo poetico: la 'costrizione' delle misure ritmiche era la matrice sicura con cui calcolare.
 Lo stile collaborativo e la scelta di fare poesia per interposto poeta. La  padronanza della lingua, unita a talento e cultura particolari, e alla distanza storica dei classici , le consentivano di scrivere liberamente con  variazioni ispirate, col fare inclusivo che sperimentava apertamente con noi. 

5. https://plus.google.com/5
6. https://plus.google.com/6
7. https://plus.google.com/7a+7b+7c
8. https://plus.google.com/8
9. https://plus.google.com/9

giovedì 10 gennaio 2013

Versi vari

"Lo stile collaborativo e la scelta di fare poesia per interposto poeta. La  padronanza della lingua, unita a talento e cultura particolari, e alla distanza storica dei classici , le consentivano di scrivere liberamente con  variazioni ispirate, col fare inclusivo che sperimentava apertamente con noi" Nausicaa variazioni 

L'esercizio cibernetico

NAUSICAA

martedì 8 gennaio 2013

il verso bello


Giovanna ha sempre avuto cura dei suoi amici, tanti. Egocentrica e monomaniaca come tutti gli artisti, ti ascoltava con autentico interesse fino (quasi) ad annoiarsi: e non era solo la sua buona educazione. Una compagnia ideale, ad averci le stesse passioni come noi.

Giovanna Bemporad e il suo network

Fantastica la sua arte combinatoria, l'elaborazione della versificazione era sempre sorprendente. E ugualmente il modo di lavorarci insieme, il modo stesso di vedersi e di parlarsi. Giovanna al telefono? Un classico di fine giornata (per lei l'inizio...).

domenica 6 gennaio 2013

il poeta che amiamo

Giovanna Bemporad
Elio Pagliarani «Ebbi la ventura di incontrare nella prima adolescenza una Pizia adolescente, autentica sacerdotessa di Apollo (si misurava già con Omero), musicale fin negli ingorghi più intrigati delle viscere».
(Questa è l’immagine, esatta, che di Giovanna Bemporad dà Elio Pagliarani, suo dichiarato allievo).
[Elio Pagliarani ricordando Giovanna Bemporad per festeggiare Montale in occasione del suo 80° compleanno: «Giovanna Bemporad mi declamava "felicità raggiunta" fra i capanni o " Sbarbaro, estroso fanciullo", i più facili epigrammi le notti estive a spiaggia in mezzo ai corpi degli amanti- tentando il tredicenne da che parte?».]

la prefazione di Andrea Cirolla a Esercizi vecchi e nuovi, prima edizione definitiva delle sue poesie (Archivio Dedalus Edizioni, Milano 2010).
11 marzo 2010. Sto nel silenzio della casa. Oltre la finestra guardo una nuova notte, cerco le sue forme nel buio, trovo riparo nella quiete. Quando distolgo gli occhi è per ricevere una chiamata. Al telefono è Vincenzo Pezzella. Saluta, si presenta, non maschera il suo entusiasmo; nel giro di qualche frase arriva la notizia: finalmente si farà il libro.

Come si è risolta, così anche si apriva – al telefono – l’avventura di questa nuova edizione degli Esercizi. Fu durante la nostra prima telefonata infatti, che Giovanna Bemporad mi rivelò l’intenzione di riproporre il libro al pubblico. Era stata inizialmente un’idea degli amici, e la proposta di qualche piccolo editore. Del resto così accadde anche per le due precedenti edizioni, pubblicate a una trentina d’anni di distanza l’una dall’altra – all’incirca lo stesso tempo, quasi fosse un destino, che ha separato la più recente delle due (Garzanti, 1980) da questa terza e definitiva.

Ma quella che in principio era solo una proposta lusinghiera, divenne in breve un’esigenza interiore, la necessità di lasciare testimonianza delle molte correzioni, variazioni, e talvolta consistenti riscritture delle vecchie poesie, con la speranza di vedere insieme pubblicato il considerevole gruppo di inediti raccolti negli anni di silenzio.

27 ottobre 2009. Ho parlato ieri in tarda serata con Giovanna. Siamo stati al telefono quasi un’ora. Abbiamo messo a punto gli ultimi particolari per la pubblicazione degli inediti sul prossimo numero di Nuovi Argomenti (poi sul n. 54, Aprile-Giugno 2011, ndA). Mi è parso di sentirla finalmente serena, fiduciosa, nonostante la difficile situazione in quelli che lei chiama i suoi «giorni senza storia». Durante le nostre telefonate sembra ritornare in una dimensione più autentica. «Concludo la mia vicenda di poeta così come l’ho iniziata, eppure…», questo mi ha detto a un certo punto ieri, ed è stupefacente. Giusto qualche sera fa mi raccontava della sua vita da giovanissima bohémien, negli anni del dopoguerra a Venezia. Lì nacquero gli Esercizi, in una cantina senza luce né riscaldamento. La stanza in cui alloggiava precedentemente, passato un breve periodo fuori città, era stata infatti destinata dalla padrona di casa all’allora direttore del Gazzettino. Fu lui a trovarla una notte mentre rincasava, inciampando nel suo corpo dormiente sulle scale. Quando l’indomani ci si mosse per trovarle un nuovo alloggio, non si trovò altro che quello stanzone sotterraneo, il cui unico arredo era un rubinetto, e dove le notti erano infestate da topi e scarafaggi. Prese così a stare sveglia nelle ore buie, al lume di candele costruite con una cera gialla, residuo degli anni di guerra. Per evadere dalla dura realtà, e vestire quello spazio ostile e disadorno con la sostanza dei sogni, rapita dall’esaltazione mise a frutto la sua «cultura dannunziana e leopardiana». Scrisse le poesie che sarebbero state poi pubblicate da Urbani e Pettenello nel 1948. Nel frattempo gli amici la aiutavano, chi regalando un materasso, chi un tavolo, chi una vecchia stufetta. Le ricche signore del circondario, estimatrici del suo giovane talento, si preoccupavano della nutrizione, mandandole salami e alimenti vari, che col suo stomaco malandato lei faticava a mangiare. Venne poi l’incarico giornalistico presso il CLN, come riconoscimento dei meriti partigiani; dunque lo stipendio di 10.000 £ al mese e la gradita mensa con pasti caldi e abbondanti. Insomma, si usciva dal baratro della povertà. Negli anni successivi Giovanna trovò rifugio a Firenze, presso la Carbonaia, villa settecentesca dei conti Capponi. E sposando, infine, nel 1957 un futuro senatore democristiano, abbandonò del tutto la vita erratica della giovinezza per la quiete borghese.



(al telefono, poco prima del Natale 2008)

L’abitudine di stare sveglia nelle ore notturne, per concedersi qualche ora di riposo solo dopo l’alba, Giovanna la conserva tuttora. Le nostre frequenti telefonate notturne hanno scandito questo mio ultimo anno. Nel silenzio dei suoni e della luce, quasi sottovoce, ho ascoltato, e poi trascritto, le poesie inedite che lei non ha mai avuto la forza di battere a macchina; quelle che nel presente volume costituiscono le nuove sezioni – «Saffiche» e «Poesie degli anni tardi» – e le altre che arricchiscono le sezioni già note. Nei mesi che hanno portato alla versione definitiva del libro ho assistito all’instancabile sforzo di Giovanna, la fatica di strapparsi alla difficile quotidianità per limare, correggere, perfezionare fino all’ultimo il corpo di parole e punteggiatura in cui abita la sua creatura poetica. Conoscere le nuove poesie ha sortito in me l’effetto di un dialogo solo momentaneamente interrotto: era quello con gli Esercizi nella loro versione del 1980, che scoprivo, e leggevo avidamente, nell’estate precedente al mio incontro.

Per questioni di studio, e su invito di Dario Borso (mio docente a Milano, che tanto ha incoraggiato anche la realizzazione di questo libro), mi ero messo sulle tracce di una fantomatica tesi di laurea in filosofia di Pasolini, mai discussa. Dopo aver compulsato l’Opera e l’epistolario, ecco che ero pronto a contattare gli amici della giovinezza. Roversi, Serra, e quella misteriosa Giovanna Bemporad autrice di un unico libro di poesie dall’invitante titolo Esercizi (non mi ero ancora imbattuto nell’opera più nota, la traduzione dell’Odissea). La mia ricerca pasoliniana naufragò, per mancanza dell’oggetto di studio, ma un’altra scoperta – sorprendente – mi attendeva.


11 agosto 2008. Stamattina ho telefonato a Giovanna Bemporad. Subito mi chiede se conosco qualcosa di lei, di quello che ha fatto, o se la sto contattando solo per aver trovato il suo nome nella Vita di Pasolini di Enzo Siciliano. Le dico che sì, conosco e apprezzo molto gli Esercizi. Lei mi parla lungamente delle sue traduzioni, del Cantico dei Cantici e dell’Odissea, il suo «daimon», l’opera che le ha rubato giorni e notti per una vita intera [...], poi accenna due parole sull’Eneide, che ora un editore di Milano vorrebbe ristampare. Con quest’ultima sono arrivate ultimamente tante altre belle notizie. «Pensa», mi dice, «che due piccoli editori di poesia mi hanno nuovamente proposto di ristampare, per il mio giubileo poetico (ma si sbagliava, ché dalla prima edizione del libro erano già passati sessant’anni, ndA), gli Esercizi, con gli inediti che ho accumulato in questi anni». Si assenta per un attimo dal telefono; quando riprende è per dirmi dell’amicizia esclusiva con Pasolini, tra Casarsa e Bologna negli anni della guerra. Mi parla delle molte lettere ormai andate perdute, tra le quali alcune delle più belle e importanti, compresa quella dove si racconta il loro primo incontro a Bologna. Ricorda con me le giornate passate come ospite nella casa dei Colussi, a Casarsa. In una stanzetta, Giovanna e Pier Paolo passavano la notte svegli a leggersi poesie. Lei era sempre la prima che Pasolini andasse a trovare quando tornava a Bologna. Dopo la lunga chiacchierata mi accorda un nuovo incontro telefonico, per il prossimo ottobre, durante il quale mi racconterà quel che d’altro ricorda di Pier Paolo, e degli Esercizi, se ne avrò voglia. «Lo sai che io vivo solo di notte, vero?». Mi stupisce e mi fa sorridere. «Questo non lo sapevo», le dico. Lei: «puoi chiamarmi verso sera; è da quando avevo tredici anni che lavoro esclusivamente in quelle ore. [...] Poi, solitamente non accolgo nessuno in casa, e quand’anche mi decido, solitamente non si fa nulla prima della mezzanotte. Dopodiché si può pure stare a parlare fino alle sette di mattina. Chissà, magari un giorno potrei decidermi ad accogliere te». Mi saluta, mi chiede cosa farò a ferragosto, mi augura ogni bene. Anche io le faccio i miei auguri, lei dice che serviranno a poco, ma «ogni augurio è sempre buono, e male certo non può fare». Infine mi manda un abbraccio, «anche se ancora non ci conosciamo».

Chiusa la telefonata per tutto il giorno non potrò evitare un senso certo di stordimento, uno strano stato mentale derivato dall’incontro con lei. Nei suoi tanti anni porta la giovinezza nesciente del tempo.

E così, dopo più di sessant’anni dalla prima edizione, ecco di nuovo gli Esercizi. Se di uno stesso libro, di uno stesso progetto, si continua a parlare, è per un aspetto di continuità, certo non garantita solo da un titolo. La spiegazione è semplice: Esercizi è il libro di una vita. E poco importa che per un periodo esso sarebbe potuto essere un libro fra i molti di una serie creativa; la sua verità sta scritta nella sua storia, e nel suo destino, che non a caso è speculare a quello dell’altra avventura letteraria di Giovanna Bemporad, l’altra “opera aperta”, per sua natura incompiuta: l’Odissea.

Nelle nuove poesie, pur constatando l’apporto di immagini e suggestioni inedite, si ritrovano gli stessi temi di un tempo, su tutti quell’ansia di morte che tanto stupiva quando a renderla in versi era solo una ragazza (nei «Diari» leggiamo: «non altro si vorrebbe che morire»). Col passare degli anni, il sostrato poetico del libro non si è affatto aggravato di nuove ansie o paure, ma si è ritrovato costantemente in quello stesso, immutato, sentimento di un tempo. Lo “scandalo” della morte pietrificava, però anche seduceva la giovane “protagonista” delle prime poesie, e come un specchio la traslava in un’età futura, ma resa già nitida dall’«enigma sublime» che gli occhi rende prigionieri. Nei nuovi Esercizi quello specchio ritrova il suo spazio, fermo, mentre sono le due immagini di Giovanna a rovesciarsi. Riflessa sta ora la giovinezza passata, e a inseguirla con la poesia, evadendo il proprio presente, è la donna che guarda da «una riva lontana».

Tutto ciò è, a ben vedere, nient’altro che un nuovo «esercizio» dell’io, intento a correre su entrambi i binari di vecchiaia e gioventù, cercando dell’esistenza l’unità, il senso, ma concedendosi infine soltanto al mistero, nell’ora della morte.



***
Giovanna Bemporad (1925-2013), ferrarese, fu allieva, al di fuori d’ogni accademia, di Carlo Izzo, Leone Traverso, Vincenzo Errante e Mario Praz; amica fraterna del giovane Pasolini e dell’anziano Sbarbaro, col quale intrattenne un lungo scambio epistolare testimoniato dal carteggio 1952-1964 edito nel 2004 dalle Edizioni Archivi del ‘900. Traduttrice precocissima dei massimi poemi della tradizione classica (prima l’Eneide, poi l’Iliade e l’Odissea, la cui versione in endecasillabi le vale a tutt’oggi la fama), si è occupata anche di poesia moderna, inglese (Byron), francese (Mallarmé, Valéry) e tedesca (Goethe, Rilke, Hölderlin). L’ultima sua traduzione è dall’ebraico, Il Cantico dei cantici (Morcelliana, 2006). Parallelamente all’attività di traduzione si è dedicata negli anni alla propria poesia, con l’opera, da sempre in fieri, degli Esercizi.

martedì 1 gennaio 2013

Videor Community


Videor.com, dopo Videor e la Telematica [1995], era appunto un luogo di redazione, una sorta di chat-conference con redattori involontari. Le Community di Google ci liberano dalla fissità incoerente degli stessi Google Blog.
Community

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indice[capitolo 0.1] Primi testi. Sei topiche
0.1 Primi testi. Sei topiche
Alcuni strumenti concettuali, sei topiche che non vanno prese ad esempio, ma colte in relazione alla testualità che sono in grado di contenere e dispiegare tra di loro nei contesti multimediali del web. Con essi l'elaborazione della pratica dell'editing in “un discorso che ci preceda e ci segua” {1} senza schiacciarci sul reale muove dalla scrittura e crea lo strumento che proietta poi nella produzione dell'artefatto. Dalle prassi comunicative della performace può scaturire lo sforzo etico di generalizzare l'esperienza vaga del mondo perverso “reso furioso dalla percezione” che scaturisce dalla lettura dei media. ”In che modo è possibile oggi concepire il divenire furioso della specie umana? L’immiserimento dell’immaginario rende l’esistenza una cosa pazza, umiliata, offesa nella sua parte più istintuale e creativa. (..) Divenire una “cosa pazza” significa subire una privazione di mondo che l’effetto della catalogazione tende a celare: lo smarrimento di una capacità di progettare ed immaginare proprio all’interno della trasformazione. {2} Tiziana Villani dall’intuizione di Giordano Bruno accetta di compromettersi nei media con le tensioni contraddittorie del sentire umano per tentare sempre di dire proprio le cose come stanno anche occupati in cose che non ci riguardano minimamente. 

Ecco il primo da un film di giornalismo investigativo, detective storyboarding , {3} in cui un “gola profonda” fornisce la bussola che conduce alla scoperta della verità. In esso ci colpisce una apparente contraddizione, che il personaggio chiave si rifiuti di rispondere netto alle pressanti richieste dei due detectives che c’impersonano nella fabula; dice che non può far altro che indicare la direzione, dice “Segua il denaro”, per esempio, null’altro in quel dato momento: eppure egli sa e non finge di non sapere oltre quel che dice loro, professa una reticenza misteriosa, gravida di altri possibili esiti. C’è una maieutica nel “gola profonda”, e noi si pensa ad un oscuro proposito, magari di un tono paterno; ma è da cogliere invece il dato oggettivo del suo atteggiamento, per cui solo chi persevera nella ricerca resta dentro al processo di conoscenza e saprà nell’happy end quanto uno stoico sa da sempre: che il piacere ed il godimento non tendono a coincidere sempre, ma solo nel successo e insieme nel sentimento comune del tempo.
Il “gola profonda”, quindi, c’insegna a non fare per gli altri le scelte dirimenti, primo principio dell'editor per la gestione in rete della community di riferimento di un progetto.
La topica riguarda il modo della risoluzione di problemi che si pongono al system administrator e al web content manager, se sono in gioco sistemi dinamici che hanno al centro ogni frequentatore del luogo. I protagonisti del sito come nel film sono sempre alla ricerca di una verità che risolva loro una volta in più problemi informativi, ma non tocca al gestore fornirglieli in via diretta: al master of cerimony tocca piuttosto tenerli nella giusta tensione che l'interattività richiede.
Il rigore etico è dettato dalle necessità di funzionamento, e viceversa la community funziona se il regista di riferimento è rigoroso.

Altro ancora s ’intende dal secondo episodio che fa testo in questo itinerario negli strumenti dell'editing, figure mitiche del vissuto a cui attingere per rifornirsi di senso, parole e immagini della progettazione creativa dell'esistenza da ridurre alla ragione produttiva. Il giocatore di carte monco, {4} al paese, d’estate, in piazza, durante i giochi di carte, rivela il secondo principio che conduce il viandante: chi non può tenere le carte a sé pur mostrandole inevitabilmente, non dice per questo ciò che è sotto gli occhi di tutti, ma solo in quanto egli stesso non sa quel che nasconde, visto che si tratta di un criterio segreto proprio inesistente. Perché. Sappiamo che al bar di questa Macondo, tutti a turno, attendono a grandi sfide nei giochi tradizionali, in questo caso il tressette. Si gioca con dieci carte per ogni giocatore, quaranta in tutto, che vengono distribuite all'inizio di ogni game, al principiare della mano, dal mazziere o come diavolo si chiama, così i giocatori le guardano, le aggiustano e si va a incominciare. Il primo a destra prende il bandolo del gioco stesso, a secondo delle carte che la sorte gli assegna; deve sapere dai giochi successivi degli altri come condurre le danze ed essere pronto a che l'iniziativa gli sia tolta a momenti, se occorre all'equilibrio del suo gioco. Ma, e qui sta il punto che dobbiamo contemplare, il gioco si tiene per così dire a carte coperte, il gioco crollerebbe di fronte al primo venuto che conoscesse le disponibilità anche solo di un altro che siede al tavolo da gioco; certo, il partner fa di tutto, può anche parlare in qualche modo dichiarato, per indicargli la strada, ma in sostanza l'enigma è sempre riproposto, di volta in volta dalla segretezza del gioco. Determinante è la consuetudine, con il tavolo visto dagli spettatori di oggi che saranno protagonisti domani, o magari subito dopo. Il giocatore che non può leggere le dieci carte con la mano mancante, la sinistra; per giocarle con l'altra, è costretto a farne mucchietti da scrutare alternativamente e con gesti rapidi della destra: ebbene, se ci fosse un criterio suo di ripartizione, chi lo segue da dietro potrebbe riconoscerne i criteri e usarli poi a sua volta e, quindi, in pratica, scoprirgli le carte! Insomma il nostro giocatore ha da avere sott'occhi in ogni momento, nell'evolversi del gioco, le sue stesse carte che sono sul tavolo coperte, in mucchietti; non può seguire un criterio evidente perché gli altri saprebbero subito, per esempio, della sua persistenza in un seme - uno dei quattro tipi del mazzo che segnano i distinti settori del gioco - senza contare gli esterniche alle sue spalle possono memorizzare le sue sbirciate furtive e veloci, ma mai abbastanza coperte per chi gli è alle spalle. Il giocatore monco impara a nascondere ciò che mostra e agli occhi della gente diviene incomprensibile per essere onesto: ed ecco ancora lo stoico che sottopone il suo comportamento ad una infinita interpretazione e ci guida per il suo dir niente. 
Il giocatore non ha alcun criterio, questo è il vero al Macondo di Novalba! Improvvisa degli enjabement di memoria rapidi e precari che nulla dicano ad altri, tutti quelli presenti che seguono il farsi e disfarsi dei suoi tre quattro piccoli mucchi, sul tavolo, davanti a sé, da cui attinge per il gioco. L'attenzione al contesto premia rispetto alle regole proprie del gioco, vere per convenzione quindi banali e insipide. Il gioco non è garantito una volta per tutte e la strada chiama ad una vigilanza sopra le righe.
E' un vero rebus, le cui tessere faticano a ricomporsi nella realtà del bar del mio paese, figurarsi nel racconto che andiamo facendo.
Il secondo principio nelle strategie di editing e gestione del web, e delle reti interattive in genere, consiglia per questo di non contare troppo sull'uso predittivo del software e degli algoritmi come una frettolosa valutazione dei criteri informatici lascerebbe intendere agli incauti.
Ci sarà nel gioco, che s'instaura di default nei sistemi partecipati, sempre un handicap dell'ultimo utente attivo che confonde il gioco di tutti inevitabilmente; per questo ed altro è inutile pensarle tutte e una volta per sempre, tentando di determinarne gli sviluppi meccanicamente: nei sistemi di community c'è dentro gente e quindi caos, tenerlo a mente! Quindi, occhio alle dinamiche reali, alle prassi, e lasciar fare sempre, accettare il presente.

In questa piccola filosofia portatile del web evolventesi nella convergenza digitale, un terzo punto viene in linea diretta dalla televisione - in preda alle convulsioni terminali degli zapping - malattia mortale della televisione generalista e generale, nella ricerca incessante del punto di vista condiviso per la gente, sì proprio quella. Tre attori di media-television, tali Carlo Taranto, Marco Santin e Giorgio Gherarducci, ci conducono per l’ascolto guidato e la visione di svariati racconti, seduti accanto a noi, invisibili e ugualmente presenti. Potrebbe sembrare, l’assenza, questa loro dallo schermo, un carattere distintivo del mezzo, ma si è in televisione e si sa che in televisione si deve condurre dal centro; invece l’assenza è solo evocata per raggiungerci, noi gli esclusi, e farci presenti nel luogo e nel tempo dell’evento. Per mettere noi al centro. Questi bei tipi arrivano con apparati retorici di gran marca a raccontare di tutto, e anche di niente, seguendo la spinta di ognuno a condividere il racconto, ma sfuggendo puntualmente al momento dell'esecuzione finale, per fucilazione o lama fendente: sottrarsi e scartare, l'altrove della mente, la fuga dal già noto con l'agio del comico linguistico incombente, non farsi individuare, sempre, non spiegarsi mai come l'innamorato che corre nella seduzione sempre innanzi. Capitomboli del senso, provocati dalla voce che doppia la realtà dello schermo, implacabilmente, emulando la deriva demenziale dello spettatore nevrotico della televisione dominante.
E' un terzo punto che ricorda di tenere a mente, in rete, gli antefatti della visione a distanza, la lunga televisione viscerale, mostro incombente sui media interattivi per la sua fascinosa promessa dell'esserci, qui e ora, nel presente assoluto dell'attimo. La televisione in diretta che fingeva nel secolo scorso, sino ad ora, di poter far presente ed includere le risposte agli stimoli che infliggeva elettronicamente ad ognuno, alla credenza che induceva, del sogno possibile della scatola luminosa onnipresente.
Rimarrà su di essa, fissato sullo schermo con lo spillone come in bacheca del collezionista di coleotteri, l'omino che, inquadrato dalla telecamera, agitava la manina come tarantolato e si fissava incantato a specchiarsi nel monitor spia della troupe già pronta a sfuggirgli altrove.

Nella partita di calcio televisiva il processo di simulazione è implacabile - e siamo al quarto punto di evidenza – la trasmissione vira subito al game elettronico. Tutto è in mano alla regia di banco e sottratto sia al coach, che deve solo garantire la materia sempre nuova per la scansione del prodotto finale con avvicendamento implacabile di stinchi petti fianchi sempre nuovi, adatti alle riprese plurime. L'intenzione degli attori-atleti stessi concentrati nella performance robotica a libro paga è fungibile e plastica nel trionfo delle regole della pornogrammatica del cybergame, godimenti sadomaso assatanati, coazione a variare continuamente, differenze impossibili e ripetizioni inevitabili, fino al delirio nevrotico. Alle pratiche amatoriali è lasciata la ripresa naive delle giocate personali, ma non contarci troppo. Lo spettatore è già nel videogame e nella rete interattiva partirà lento, proprio da quel punto, aggirerà l'ostacolo della realtà che impone la condivisione in rete, poi forse si guarderà intorno. Questo è forse il punto decisivo, l'eredità devastante della tivvù elettrodomestico, il terminale sciocco che ti fa il servizio e non protesta, è un lascito che pesa come un macigno sulla personalità infantile dello spettatore moderno. Perì hypsous è che lo scarto imprevedibile è la fonte principe di ogni comunicazione, il meraviglioso è sempre stato necessità e desiderio d'estetica anche nello spettacolo del 900, ma la tv non conosce il rischio dell'avventura linguistica, ha passione solo per ciò che già conosce. La regola preziosa dello spiazzamento viene disattesa pesantemente dai mezzi di comunicazione di massa, se non al prezzo del catastrofismo, perchè la televisione crede che ciò che conta è ciò di cui possiamo parlare, non crede a Wittgenstein che crede appassionatamente che ciò che conta veramente è proprio quanto, da un dato punto di vista, si deve tacere.
La televisione è soltanto oscena, ma l'interattività può consegnarle un linguaggio e una scrittura reale tramite la sua nuova natura in rete.

Nel quinto comma invece c'è la radice del rinnovamento. Dov'e'? facciamo un discorso diretto. Dogma di von Trier {5} serve per dare una linea alla produzione e, soprattutto, alla postproduzione dell’ InviatoVideo: il messaggio e' non agitarsi, avvicinare fisicamente l'interlocutore, tener ferma la camera, inquadrandolo in primo piano e lasciare che parli nel microfono della piccola digicam, cercarndo di scomparire psicologicamente come videomaker; se proprio dovete, spostatevi, in modalita' pause/start, in una pausa del discorso, riprendete una posizione analoga, magari con luce favorevole sul soggetto, o soltanto accentuando l'angolo di ripresa ruotando l'asse del vostro cavalletto-umano di 5-6 gradi (traduz. spostate un piede piu' a destra o sinistra perche' non vi si anchilosi una gamba, insomma). Siete il cameraman, l'uomo-camera, in quel momento, ma pensate ad un montaggio in camera essenziale, privo di soluzioni di continuita', concentratevi sulla VoceGuida: non si deve confezionare alcunchè, “il cinema è la morte al lavoro”, lo dice Francois Truffaut, la televisione è il debordamento spericolato sull'umano. In breve, leggere Dogma di von Trier e coglierne il senso illuminante, per esempio.
Pensate che il contesto (del video e di tutto il resto) sara' un internet magazine di webtv dell'autoptoduzione e non una scema televisiondell'intrattenimento autolesionistico.
Successivamente, se si vuole, Brecht, Sade, Godard, chi più ne ha più ne metta, ma subito Google, YouTube e i luoghi della sua condivisione in rete.

Infine un sesto scenario, nell' università dell’agone degli studiosi, messo in scena in occasione della presentazione di un libro, gli appunti video di una telecamerina digitale. Non la documentazione scientifica, né le 12 telecamere della partita di football allo stadio, ma l'unico sguardo, straordinariamente chiaro, di un'inviata speciale, l'allieva di Ionesco appena uscita da un habeas corpus eccezionale che la libera dal rapporto sadiano con l'insegnante. Il trattamento del filmato è ispirato un po’ a Von Trier ed un po’ ad un magazine di poesia (videor) con i poeti edito in video. Lo storyboarding è sostanzialmente ricalcato sulle mappe concettuali impresse nella memoria della studentessa dai suoi impegni scolastici recenti, dato che i protagonisti sono i suoi docenti dell'università appena fuori dall'aula. Il "montaggio" del file, nella prima stesura, è frutto di una lettura degli appunti che rispetta in tempo reale la dinamica degli eventi; poi,inizia, con l'occhio al timecode, la sincronizzazione fortemente interattiva che la giovane autrice aprirà alla community dei suoi coequipiers casuali, anzi eventuali. Il filmato iniziale viene man mano straniato dalle tracce sempre più evidenti della pratica didattica dell'allieva che si emancipa dai suoi maestri cibandosene come il ciclope ebbro.
Il gioco dell'edizione digitale approda, dunque, alla stesura dell'ipertesto dinamico nella simulazione quotidiana dello spazio telematico aperto, un portale "dedicato" agli studi accademici di quelle discipline prese in esame, argomento dello story, in pieno reality board: lo stile pensoso dei progettisti e l'attitudine capziosa dei filosofi, la pratica causidica della giurisprudenza militante, e per contro la naiveté dei parlanti nella Wide city di Frank O. Ghery)
L'editor procede con altri alla scoperta, non inventa nulla, “tutto esiste già bisogna solo ritrovarlo: è una nozione piu "estrattiva" che" creativa". Il che è corroborato dalla designazione di un "luogo" (la Topica), da cui si possono estrarre gli argomenti e da cui essi vanno ripresi: l'inventio è un percorso(via argumentorum).{6}”. La platea dei frequentatori è parte dell'editor collettivo e determina attivamente il prodotto, condivide le strategie dellearning e le orienta. E' l'università degli studenti in cui la ricerca li vede protagonisti, riprende il centro della scena che le spetta nelle fabbriche della conoscenza in rete.
Bisognerà che si prenda atto che la produzione del sapere e la sua sistemazione è ovunque e l''istituzione accademica che l'ha ispirata nella forma alta rientra in gioco nella sua forma pervasiva.




  1. Michel Foucault, L'ordine del discorso. Einaudi, 1968
  2. Tiziana Villani, Immaginare ambiente, MillePiani, undo.net / undo / magazInes / millepiani
  3. Alan Pakula, All the president ’s men, film
  4. Da ragazzo ha perso una mano tagliata di netto da una bomba
  5. Tiziana Villani, Immaginare ambiente, MillePiani, undo.net / undo / magazInes / millepiani
  6. Dogma di von Trier
  7. Roland Barthes, La retorica antica,Tasc. Bompiani, p. 59

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