Chi, cosa vi ricorda?
Gianluca Nicoletti: "Stiamo lavorando alla creazione di un “Twitter vocale” che dovrebbe rappresentare la sintesi tecnologica di quell’ibrido tra radio e rete che vado inseguendo da anni.
Penso che ormai l’umanità intera sia dotata di una protesi emozionale perfettamente e idealmente inserita nel proprio apparato relazionale. Questa è il telefono cellulare, ce l’hanno tutti, dal presidente degli Stati Uniti all’aborigeno australiano, passando per ogni periferia, borgata, quartiere alto, paese, villaggio ecc. La stessa periferica che si portano idealmente inserita nella loro scheda madre organica quelli che abitano i palazzi del potere, ogni luogo di delizie, tristezze, paranoie o saggezze. Alla luce di questi anni di esperienza radiofonica, sono convinto che sia molto più razionale portare le persone ad accedere alla rete attraverso la tecnologia con cui hanno maggiore familiarità, ancora prima di pensare device più raffinati per scrivere, inviare dati, trasmettere multimedia. Chiunque abbia un telefono può entrare in rete, esistere e persistere oltre il logorio dell’evanescenza. Chi ha voglia di parlare dovrebbe essere messo nelle condizioni di poter dire quello che reputa importante, saggio, futile o utile, ma ancor più di poterlo affidare alla memoria perenne di un archivio fruibile da chiunque altro. Il desiderio di rendere epici attimi della propria esistenza dovrebbe essere un piacere accessibile a tutti. Non è giusto che la “smanettologia”, intesa come capacità di operare fisicamente sulle macchine per comunicare, sia la sola virtù che stabilisca la gerarchia del pensiero in rete. Occorre che si ripristinino scale di valori oggettivi e per questo va necessariamente svincolata la capacità di elaborare riflessioni di reale interesse dal livello di attitudine a trasferirle sul web.
Gianluca Nicoletti: "Stiamo lavorando alla creazione di un “Twitter vocale” che dovrebbe rappresentare la sintesi tecnologica di quell’ibrido tra radio e rete che vado inseguendo da anni.
Penso che ormai l’umanità intera sia dotata di una protesi emozionale perfettamente e idealmente inserita nel proprio apparato relazionale. Questa è il telefono cellulare, ce l’hanno tutti, dal presidente degli Stati Uniti all’aborigeno australiano, passando per ogni periferia, borgata, quartiere alto, paese, villaggio ecc. La stessa periferica che si portano idealmente inserita nella loro scheda madre organica quelli che abitano i palazzi del potere, ogni luogo di delizie, tristezze, paranoie o saggezze. Alla luce di questi anni di esperienza radiofonica, sono convinto che sia molto più razionale portare le persone ad accedere alla rete attraverso la tecnologia con cui hanno maggiore familiarità, ancora prima di pensare device più raffinati per scrivere, inviare dati, trasmettere multimedia. Chiunque abbia un telefono può entrare in rete, esistere e persistere oltre il logorio dell’evanescenza. Chi ha voglia di parlare dovrebbe essere messo nelle condizioni di poter dire quello che reputa importante, saggio, futile o utile, ma ancor più di poterlo affidare alla memoria perenne di un archivio fruibile da chiunque altro. Il desiderio di rendere epici attimi della propria esistenza dovrebbe essere un piacere accessibile a tutti. Non è giusto che la “smanettologia”, intesa come capacità di operare fisicamente sulle macchine per comunicare, sia la sola virtù che stabilisca la gerarchia del pensiero in rete. Occorre che si ripristinino scale di valori oggettivi e per questo va necessariamente svincolata la capacità di elaborare riflessioni di reale interesse dal livello di attitudine a trasferirle sul web.
La protesi vocale che sto realizzando, con il supporto tecnico di uno spinoff di ingegneri dell’università della Calabria, dovrebbe essere un medium individuale a impatto mentale zero, che permette una pubblicazione immediata di messaggi vocali in internet.
Maneggiando con disinvoltura il concetto di radio, si può ripensare a modalità di comunicazione in rete orientate a una gestione di contenuti audio o meglio Acms (Audio Content Management System) su web. Non si inventa nulla, ma si lavora sulle stesse tecniche di gestione dei contenuti alla base di molti servizi già esistenti come portali, blog, social network, ma si vorrebbe tentare di dare maggior dignità al contenuto audio rispetto a quanto finora immaginato come la parte sonora di un video. Un semplice telefono a toni può essere la porta d’ingresso al web-cloud. Per il numero di telefono da associare alla nostra “porta” un provider VoIP con accesso Sip/Iax si trova anche gratis. Con un po’ di lavoro di integrazione si possono facilmente convertire le telefonate in mp3 fruibili online. E poi si può “taggare” il nostro file audio con i dati temporali e l’ID del chiamante, che serve anche come autenticazione per verificare chi sia abilitato a “postare” un messaggio. Una volta catturato e “trattato” il nostro stream vocale, questo può essere usato per generare podcast o darli in pasto ad altri script per la pubblicazione su web. Una prima sperimentazione è stata predisporre una bacheca audio sulla quale un numero limitato di utenti poteva raccontare le proprie “epiche quotidiane”. Un unico numero VoIP è stato condiviso tra quattro “narratrici epiche” che il sistema identifica, tagga e ordina. Le narratrici sono state selezionate tra quelle, numerosissime, che si erano proposte come cavie rispondendo a una chiamata su Facebook. Sono donne, perché penso più capaci di lasciarsi andare nel racconto della loro vita quotidiana. Abbiamo detto a tutte di usare questa macchinetta come il block notes vocale dei loro pensieri immediati. Non devono preparare nulla, non devono accendere nulla, non devono collegarsi a una rete. Quando vogliono comunicare un pensiero lo raccontano al telefono e questo compare come un cambio di status su Facebook o un cinguettio su Twitter. La parte web visibile a tutti è solo un piccolo snippet da poter innestare su qualsiasi portale, blog o social network: noi l’abbiamo infilato per ora su Blogspot e su Facebook.
Se il tag temporale combinato col tag autore è ancora poco, si può pensare di integrare un Asr (Automatic Speech Recognition) di ultima generazione per aumentare l’interazione e taggare con termini specifici sia i post che i commenti. Però a questo punto si dovrebbe uscire dalla felice fase artigianale e collaborativa perché non si potrebbe più continuare, come finora fatto, a integrare l’applicazione con software open-source. Tastiere e affini sono già un’interfaccia complessa rispetto al semplice aprire bocca. L’accesso attraverso la protesi vocale è immediato e a prova di imbranato. Ogni messaggio lasciato nel proprio telefono si pubblica ovunque e diventa fruibile da chiunque. Mia nonna potrebbe pubblicare nel web dal telefono di casa senza nemmeno sapere cosa sia internet. Ognuno può lasciare traccia di sé, testimonianza di uno stato d’animo, racconto di un istante mentre lo vive.
Questo vorrebbe abbattere in parte il tentativo diffuso di mistificazione sull’identità che oggi, per esempio, rappresenta un problema per Twitter, inquinato com’è da falsi account di vip. Una voce, più che un testo e una foto alterata, rivela genere, età, latitudine di provenienza, cultura e reale elaborazione del pensiero. Per ora è solo una sperimentazione ma sto creando dei piccoli nuclei di ascoltatori a cui fornisco l’accesso alla protesi vocale, istigando a usarla ogni volta che qualcuno abbia qualcosa da dire. Il beta test lo sta svolgendo una micro community di sole donne tra le mie ascoltatrici più acute, disinibite e immaginifiche. La protesi vocale potrebbe progredire in un’infinità di direzioni sia nel campo dell’ingegneria gestionale che in quello delle relazioni sociali. Un professore di informatica giuridica sta implementando la protesi nel suo blog per un feedback perenne con gli studenti.
Io ho fatto interviste volanti che mi serviva “passare” all’istante a miei colleghi. Spesso mi piace inserire il “viva voce” e trasmettere quello che ascolto per strada, in qualsiasi luogo e durante qualsiasi conversazione; potrei assemblare e ordinare per generi storie e flussi, e anche feed vocali generati da altre persone. Potrei fornire caselle vocali per amanti clandestini che vogliono fuggire dall’ambiguità di sms e telefonate camuffate. Si dicano pure tutto quello che spasimano durante la giornata e riascoltino il loro poema d’amore in loop tutte le volte che vogliono. Loro invecchieranno e la protesi perenne conserverà i loro sospiri migliori. Immagino che anche molti uomini politici amerebbero avere a disposizione uno strumento di immediata pubblicazione di loro dichiarazioni, soprattutto senza il timore che le “mediazioni” possano riportarle incomplete o distorte. La protesi vocale perenne permetterebbe un’infinità di usi, dall’estremamente etico al miseramente libertino: confido molto nell’ambizione umana a raccontarsi, attitudine diffusa che secondo me si sta evolvendo attraverso strumenti di “autoletteratura immersiva”. È la chiave profonda del successo del web partecipativo: ogni utente diventa un libro parlante giorno per giorno, un’opera aperta di cui è trama, protagonista, voce narrante, testo ed editore allo stesso tempo.
Perché mai mi prendo la responsabilità di pensare che questo potrà essere lo strumento più consono a supportare l’umanità desiderosa di espandere e velocizzare le proprie connessioni? Perché mi sono convinto che quello dell’udito sarà il senso dominante dopo la lunga fase dell’ipervisione totale. Lo profetizza da tempo Daniele Pitteri, un sociologo napoletano specializzato nei linguaggi della pubblicità. Secondo lui l’umanità, a seconda delle epoche, ha un registro sensoriale dominante. Questo cambia con processi anche molto lenti; negli ultimi vent’anni staremmo assistendo a una saturazione della prevalenza visiva a favore di quella auditiva. Siamo stati stimolati troppo intensamente a guardare, ora stiamo offuscando una naturale capacità a «operare delle distinzioni con la vista». La civiltà dell’ascolto, che Pitteri immagina prossima, era stata annunciata già da un pezzo: «Una progressiva accelerazione a partire dal tardo Rinascimento, epoca in cui gli strumenti musicali hanno cominciato a divenire più complessi e che dall’Ottocento in poi ha coinvolto, con il melodramma, masse sempre più vaste.
- Poi c’è stato il telefono, poi c’è stato Caruso, i primi successi discografici, la radio, il rock’n’roll, il jukebox, il dolby, il walkman, il cellulare».
- Ho letto che l’American Chemical Society già annuncia un’ulteriore metamorfosi della vecchia radio: si parla di una nanoradio migliaia di volte più piccola del diametro di un capello umano.
- Potrebbe essere il primo passo verso la trasformazione di ogni utente in una periferica vivente, un network alimentato da persone con radio incorporata come estensione della propria voce.
Forse non la chiameremo più radio ma continuerà a essere sonorità che svolazza nell’etere, capace di comprimersi a molla in un codice sonoro, annidarsi in ogni nostra protesi di piacere ed esplodere ovunque le si dia libertà."
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