SCRITTORI DI FACEBOOK. PERCHE’ BARRA E IANNIZZOTTO SONO MEGLIO DEGLI EINAUDIANI (2022)
C’è ormai qualcosa di commovente in Facebook. In un universo virtuale che è la versione aggiornata di “Bouvard e Pécuchet”, e dove tutto diventa un involontario pastiche, le persone prendono ancora la parola per “tenere un discorso”, o per dialogare a lungo come epistolografi di un secolo fa. Qui sta il pathos, o se si vuole il lato patetico e letterario del “social dei vecchi”. Ma questo sterminato diario in pubblico, in cui basta un clic per passare da un’atroce tragedia privata a un déshabillé con citazione di Roth, è letterario anche nel senso che ha permesso a molti iscritti di sviluppare un’opera a puntate, la quale probabilmente non sarebbe mai nata altrove. Le pagine di Zuckerberg rivelano soprattutto quei tipi di scrittori oggi rifiutati da un’insipida editoria a compartimenti stagni: gli epigrammisti, i diaristi, gli autori di scampoli autobiografico-satirici alla Arbasino (i cui libri e i cui fax ai giornali erano un Facebook ante litteram). Faccio due esempi. Antonio ‘Yanez’ Iannizzotto, come un Serra che non schifa i social, pubblica su Fb un suo quotidiano “Cuore”: ma un “Cuore” di quella destra sovranista e antibergoglista, anti-ucraina e anti-virologi, che è sempre piuttosto truce e che lui rende chissà come spiritosa. “Non è tanto per i russi” scriveva in un post di qualche tempo fa “è perché per la prima volta possiamo invocare la pace, l’ONU, il papa, il nonno partigiano” e mettere “quei meravigliosi occhialetti tondi arancioni”. Certo Putin esagera: “Chiama nazisti tutti i suoi avversari: è una specie di PD con un arsenale nucleare”. Com’è ovvio, tra le satire di Yanez abbondano le distopie sui tecnocrati: “Italia, 2026. Mentre l’Alto Cancelliere Draghi procede alla formazione del suo quarto esecutivo, sostenuto da una maggioranza del 97% nel parlamento nominato da lui stesso, i leader della protesta in piazza lanciano nuove assurde farneticazioni: ‘Boh io secondo me ci vorrebbe che i poteri erano più separati’, ha dichiarato Bepi Tognolon, capo dei camionisti di Treviso. ‘È un’idea rudimentale ma pericolosa’ ha chiosato Paolo Mieli dalle colonne del Corriere del Dragone”. Ma i pezzi migliori di Iannizzotto sono dei veri e propri racconti, in cui traccia caricature esilaranti di ambienti anche assai diversi tra loro: quello della musica pop, ad esempio, o quello dei film italiani che durano la metà dei film americani per i lunghi ringraziamenti in coda (da “Gay Pride Damasco” a “Ente per la Cooperazione Italia-Puglia”), o ancora, prevedibilmente, quello radicale della Bonino, che “essendo ormai tutti nati, proponiamo seriamente” al Quirinale. In uno di questi racconti Yanez immagina come sarebbe “SuicidiAmo”, un ipotetico centralino per il suicidio assistito in Italia, dove si prega in eterno l’utente di attendere per non perdere la precedenza, infliggendogli intanto un sottofondo di “Ludovico Einaudi su campane tibetane”.
A questo punto dovrei concludere con un appello da talent scout agli editori? O non piuttosto ribadire che forse queste scritture sono così efficaci proprio perché restano fuori dal raggio di chi produce romanzi e saggi in serie?
Facebook può essere supremamente fatuo, ma forse mai quanto la seriosità con cui i nostri dirigenti editoriali, e le loro scuderie di autori, annunciano ogni giorno l’Opera dell’Anno.
Caso curioso: di solito quest’opera è firmata da uno scrittore che appena interviene sull’impietoso social dei vecchi rivela anche ai più ingenui di non essere tale.
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