"Lo stile collaborativo e la scelta di fare poesia per interposto poeta. La padronanza della lingua, unita a talento e cultura particolari, e alla distanza storica dei classici , le consentivano di scrivere liberamente con variazioni ispirate, col fare inclusivo che sperimentava apertamente con noi" Nausicaa variazioni
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giovedì 10 gennaio 2013
Versi vari
L'esercizio cibernetico
martedì 8 gennaio 2013
il verso bello

Giovanna ha sempre avuto cura dei suoi amici, tanti. Egocentrica e monomaniaca come tutti gli artisti, ti ascoltava con autentico interesse fino (quasi) ad annoiarsi: e non era solo la sua buona educazione. Una compagnia ideale, ad averci le stesse passioni come noi.
Giovanna Bemporad e il suo network

lunedì 7 gennaio 2013
domenica 6 gennaio 2013
il poeta che amiamo
Giovanna Bemporad
Elio Pagliarani «Ebbi la ventura di incontrare nella prima adolescenza una Pizia adolescente, autentica sacerdotessa di Apollo (si misurava già con Omero), musicale fin negli ingorghi più intrigati delle viscere».
(Questa è l’immagine, esatta, che di Giovanna Bemporad dà Elio Pagliarani, suo dichiarato allievo).
[Elio Pagliarani ricordando Giovanna Bemporad per festeggiare Montale in occasione del suo 80° compleanno: «Giovanna Bemporad mi declamava "felicità raggiunta" fra i capanni o " Sbarbaro, estroso fanciullo", i più facili epigrammi le notti estive a spiaggia in mezzo ai corpi degli amanti- tentando il tredicenne da che parte?».]
la prefazione di Andrea Cirolla a Esercizi vecchi e nuovi, prima edizione definitiva delle sue poesie (Archivio Dedalus Edizioni, Milano 2010).11 marzo 2010. Sto nel silenzio della casa. Oltre la finestra guardo una nuova notte, cerco le sue forme nel buio, trovo riparo nella quiete. Quando distolgo gli occhi è per ricevere una chiamata. Al telefono è Vincenzo Pezzella. Saluta, si presenta, non maschera il suo entusiasmo; nel giro di qualche frase arriva la notizia: finalmente si farà il libro.
Come si è risolta, così anche si apriva – al telefono – l’avventura di questa nuova edizione degli Esercizi. Fu durante la nostra prima telefonata infatti, che Giovanna Bemporad mi rivelò l’intenzione di riproporre il libro al pubblico. Era stata inizialmente un’idea degli amici, e la proposta di qualche piccolo editore. Del resto così accadde anche per le due precedenti edizioni, pubblicate a una trentina d’anni di distanza l’una dall’altra – all’incirca lo stesso tempo, quasi fosse un destino, che ha separato la più recente delle due (Garzanti, 1980) da questa terza e definitiva.
Ma quella che in principio era solo una proposta lusinghiera, divenne in breve un’esigenza interiore, la necessità di lasciare testimonianza delle molte correzioni, variazioni, e talvolta consistenti riscritture delle vecchie poesie, con la speranza di vedere insieme pubblicato il considerevole gruppo di inediti raccolti negli anni di silenzio.27 ottobre 2009. Ho parlato ieri in tarda serata con Giovanna. Siamo stati al telefono quasi un’ora. Abbiamo messo a punto gli ultimi particolari per la pubblicazione degli inediti sul prossimo numero di Nuovi Argomenti (poi sul n. 54, Aprile-Giugno 2011, ndA). Mi è parso di sentirla finalmente serena, fiduciosa, nonostante la difficile situazione in quelli che lei chiama i suoi «giorni senza storia». Durante le nostre telefonate sembra ritornare in una dimensione più autentica. «Concludo la mia vicenda di poeta così come l’ho iniziata, eppure…», questo mi ha detto a un certo punto ieri, ed è stupefacente. Giusto qualche sera fa mi raccontava della sua vita da giovanissima bohémien, negli anni del dopoguerra a Venezia. Lì nacquero gli Esercizi, in una cantina senza luce né riscaldamento. La stanza in cui alloggiava precedentemente, passato un breve periodo fuori città, era stata infatti destinata dalla padrona di casa all’allora direttore del Gazzettino. Fu lui a trovarla una notte mentre rincasava, inciampando nel suo corpo dormiente sulle scale. Quando l’indomani ci si mosse per trovarle un nuovo alloggio, non si trovò altro che quello stanzone sotterraneo, il cui unico arredo era un rubinetto, e dove le notti erano infestate da topi e scarafaggi. Prese così a stare sveglia nelle ore buie, al lume di candele costruite con una cera gialla, residuo degli anni di guerra. Per evadere dalla dura realtà, e vestire quello spazio ostile e disadorno con la sostanza dei sogni, rapita dall’esaltazione mise a frutto la sua «cultura dannunziana e leopardiana». Scrisse le poesie che sarebbero state poi pubblicate da Urbani e Pettenello nel 1948. Nel frattempo gli amici la aiutavano, chi regalando un materasso, chi un tavolo, chi una vecchia stufetta. Le ricche signore del circondario, estimatrici del suo giovane talento, si preoccupavano della nutrizione, mandandole salami e alimenti vari, che col suo stomaco malandato lei faticava a mangiare. Venne poi l’incarico giornalistico presso il CLN, come riconoscimento dei meriti partigiani; dunque lo stipendio di 10.000 £ al mese e la gradita mensa con pasti caldi e abbondanti. Insomma, si usciva dal baratro della povertà. Negli anni successivi Giovanna trovò rifugio a Firenze, presso la Carbonaia, villa settecentesca dei conti Capponi. E sposando, infine, nel 1957 un futuro senatore democristiano, abbandonò del tutto la vita erratica della giovinezza per la quiete borghese.
(al telefono, poco prima del Natale 2008)
L’abitudine di stare sveglia nelle ore notturne, per concedersi qualche ora di riposo solo dopo l’alba, Giovanna la conserva tuttora. Le nostre frequenti telefonate notturne hanno scandito questo mio ultimo anno. Nel silenzio dei suoni e della luce, quasi sottovoce, ho ascoltato, e poi trascritto, le poesie inedite che lei non ha mai avuto la forza di battere a macchina; quelle che nel presente volume costituiscono le nuove sezioni – «Saffiche» e «Poesie degli anni tardi» – e le altre che arricchiscono le sezioni già note. Nei mesi che hanno portato alla versione definitiva del libro ho assistito all’instancabile sforzo di Giovanna, la fatica di strapparsi alla difficile quotidianità per limare, correggere, perfezionare fino all’ultimo il corpo di parole e punteggiatura in cui abita la sua creatura poetica. Conoscere le nuove poesie ha sortito in me l’effetto di un dialogo solo momentaneamente interrotto: era quello con gli Esercizi nella loro versione del 1980, che scoprivo, e leggevo avidamente, nell’estate precedente al mio incontro.
Per questioni di studio, e su invito di Dario Borso (mio docente a Milano, che tanto ha incoraggiato anche la realizzazione di questo libro), mi ero messo sulle tracce di una fantomatica tesi di laurea in filosofia di Pasolini, mai discussa. Dopo aver compulsato l’Opera e l’epistolario, ecco che ero pronto a contattare gli amici della giovinezza. Roversi, Serra, e quella misteriosa Giovanna Bemporad autrice di un unico libro di poesie dall’invitante titolo Esercizi (non mi ero ancora imbattuto nell’opera più nota, la traduzione dell’Odissea). La mia ricerca pasoliniana naufragò, per mancanza dell’oggetto di studio, ma un’altra scoperta – sorprendente – mi attendeva.
11 agosto 2008. Stamattina ho telefonato a Giovanna Bemporad. Subito mi chiede se conosco qualcosa di lei, di quello che ha fatto, o se la sto contattando solo per aver trovato il suo nome nella Vita di Pasolini di Enzo Siciliano. Le dico che sì, conosco e apprezzo molto gli Esercizi. Lei mi parla lungamente delle sue traduzioni, del Cantico dei Cantici e dell’Odissea, il suo «daimon», l’opera che le ha rubato giorni e notti per una vita intera [...], poi accenna due parole sull’Eneide, che ora un editore di Milano vorrebbe ristampare. Con quest’ultima sono arrivate ultimamente tante altre belle notizie. «Pensa», mi dice, «che due piccoli editori di poesia mi hanno nuovamente proposto di ristampare, per il mio giubileo poetico (ma si sbagliava, ché dalla prima edizione del libro erano già passati sessant’anni, ndA), gli Esercizi, con gli inediti che ho accumulato in questi anni». Si assenta per un attimo dal telefono; quando riprende è per dirmi dell’amicizia esclusiva con Pasolini, tra Casarsa e Bologna negli anni della guerra. Mi parla delle molte lettere ormai andate perdute, tra le quali alcune delle più belle e importanti, compresa quella dove si racconta il loro primo incontro a Bologna. Ricorda con me le giornate passate come ospite nella casa dei Colussi, a Casarsa. In una stanzetta, Giovanna e Pier Paolo passavano la notte svegli a leggersi poesie. Lei era sempre la prima che Pasolini andasse a trovare quando tornava a Bologna. Dopo la lunga chiacchierata mi accorda un nuovo incontro telefonico, per il prossimo ottobre, durante il quale mi racconterà quel che d’altro ricorda di Pier Paolo, e degli Esercizi, se ne avrò voglia. «Lo sai che io vivo solo di notte, vero?». Mi stupisce e mi fa sorridere. «Questo non lo sapevo», le dico. Lei: «puoi chiamarmi verso sera; è da quando avevo tredici anni che lavoro esclusivamente in quelle ore. [...] Poi, solitamente non accolgo nessuno in casa, e quand’anche mi decido, solitamente non si fa nulla prima della mezzanotte. Dopodiché si può pure stare a parlare fino alle sette di mattina. Chissà, magari un giorno potrei decidermi ad accogliere te». Mi saluta, mi chiede cosa farò a ferragosto, mi augura ogni bene. Anche io le faccio i miei auguri, lei dice che serviranno a poco, ma «ogni augurio è sempre buono, e male certo non può fare». Infine mi manda un abbraccio, «anche se ancora non ci conosciamo».
Chiusa la telefonata per tutto il giorno non potrò evitare un senso certo di stordimento, uno strano stato mentale derivato dall’incontro con lei. Nei suoi tanti anni porta la giovinezza nesciente del tempo.
E così, dopo più di sessant’anni dalla prima edizione, ecco di nuovo gli Esercizi. Se di uno stesso libro, di uno stesso progetto, si continua a parlare, è per un aspetto di continuità, certo non garantita solo da un titolo. La spiegazione è semplice: Esercizi è il libro di una vita. E poco importa che per un periodo esso sarebbe potuto essere un libro fra i molti di una serie creativa; la sua verità sta scritta nella sua storia, e nel suo destino, che non a caso è speculare a quello dell’altra avventura letteraria di Giovanna Bemporad, l’altra “opera aperta”, per sua natura incompiuta: l’Odissea.
Nelle nuove poesie, pur constatando l’apporto di immagini e suggestioni inedite, si ritrovano gli stessi temi di un tempo, su tutti quell’ansia di morte che tanto stupiva quando a renderla in versi era solo una ragazza (nei «Diari» leggiamo: «non altro si vorrebbe che morire»). Col passare degli anni, il sostrato poetico del libro non si è affatto aggravato di nuove ansie o paure, ma si è ritrovato costantemente in quello stesso, immutato, sentimento di un tempo. Lo “scandalo” della morte pietrificava, però anche seduceva la giovane “protagonista” delle prime poesie, e come un specchio la traslava in un’età futura, ma resa già nitida dall’«enigma sublime» che gli occhi rende prigionieri. Nei nuovi Esercizi quello specchio ritrova il suo spazio, fermo, mentre sono le due immagini di Giovanna a rovesciarsi. Riflessa sta ora la giovinezza passata, e a inseguirla con la poesia, evadendo il proprio presente, è la donna che guarda da «una riva lontana».
Tutto ciò è, a ben vedere, nient’altro che un nuovo «esercizio» dell’io, intento a correre su entrambi i binari di vecchiaia e gioventù, cercando dell’esistenza l’unità, il senso, ma concedendosi infine soltanto al mistero, nell’ora della morte.
***
Giovanna Bemporad (1925-2013), ferrarese, fu allieva, al di fuori
d’ogni accademia, di Carlo Izzo, Leone Traverso, Vincenzo Errante e
Mario Praz; amica fraterna del giovane Pasolini e dell’anziano Sbarbaro,
col quale intrattenne un lungo scambio epistolare testimoniato dal
carteggio 1952-1964 edito nel 2004 dalle Edizioni Archivi del ‘900.
Traduttrice precocissima dei massimi poemi della tradizione classica
(prima l’Eneide, poi l’Iliade e l’Odissea, la
cui versione in endecasillabi le vale a tutt’oggi la fama), si è
occupata anche di poesia moderna, inglese (Byron), francese (Mallarmé,
Valéry) e tedesca (Goethe, Rilke, Hölderlin). L’ultima sua traduzione è
dall’ebraico, Il Cantico dei cantici (Morcelliana, 2006).
Parallelamente all’attività di traduzione si è dedicata negli anni alla
propria poesia, con l’opera, da sempre in fieri, degli Esercizi.
lunedì 1 ottobre 2012
alla maniera del Dolce Stil Novo
All’ispirazione ritrovata
alla maniera del Dolce Stil Novo
Canzone, flebile d’arpe argentine,
la gomena tu spezza, odioso verme,
lungo serpente che ancorato a riva
tiene il vecchio battello e la mia lingua
sciogli, rinata all’estasi dei voli!
Forse avverrà, mia tormentata attesa
della tua grazia, che un poema intero
dal mio cuore romantico germogli,
sbocci in fiorente glicine d’amore!
Vieni, affrettati a farmi prigioniera
dell’enigma sublime a cui di nuovo
io mi abbandono (come obliquo uccello
si abbandona allo spazio) e la tua forma
futura tramo: al compito il mio genio
tu chiamavi, io non ero che silenzio!
V * i * d * e * o * r
Giovanna Bemporad Esercizi vecchi e nuovi
Edizioni: Archivio Dedalus
Collana: Lumen poesia
Autore: Giovanna Bemporad
Curatore: Andrea Cirolla Numero pagine: 233
venerdì 3 agosto 2012
un'Odissea senza Nessuno
http://rebstein.wordpress.com/2008/12/28/lodissea-nella-traduzione-di-emilio-villa/
Emilio Villa cominciò a tradurre l'Odissea nel 1942, ma solo dopo la fine della guerra ne apprestò una prima stesura, pubblicata nel 1964, a cui segui qualche anno più tardi una versione definitiva, ampiamente ritoccata e ripensata. Giudicata immediatamente "stravagante e spropositata" da accademici e universitari, la traduzione villiana mira con puntiglio a ridare luce ai legami profondi tra l'epica ellenica e le culture precedenti, in contrapposizione a quella che il critico chiamava "la baracca immensa dell'immenso commentario europeo", che ha fatto del poema un testo intoccabile e di Odisseo un modello "neoclassico anchilosato sul piedistallo dell'endecasillabo". book
Versione poetica di Giovanna Bemporad
Frutto del lavoro di tutta una vita, la versione poetica dell’Odissea di Giovanna Bemporad stupisce il lettore per la sua meravigliosa leggibilità, per la limpidezza e musicalità degli endecasillabi che, pur nella novità di accenti, lasciano intatte le emozioni del testo omerico.
La ricerca di perfezione formale va di pari passo con l’ansia di un proprio ideale di fedeltà, in un gioco di delicati aggiustamenti che rispondono alle esigenze scaturite di volta in volta dal contatto fra due lingue e due sistemi metrici molto diversi. Ed è sorprendente osservare come i risultati più armoniosi vadano spesso d’accordo con scelte lessicali assolutamente innovative, dando vita a versi che accolgono con disinvoltura parole ed espressioni appartenenti alla nostra quotidianità.
domenica 6 maggio 2012
Giovanna Bemporad [seconda parte]
dicky85 ha aggiunto un commento su VIDEOR 2 Giovanna Bemporad [seconda parte]:
Che capolavoro di donna!
martedì 6 dicembre 2011
Giovanna Bemporad
Esercizi vecchi e nuovi
Giovanna Bemporad
Esercizi vecchi e nuovi
Edizioni: Archivio Dedalus
Collana: Lumen poesia
Autore: Giovanna Bemporad
Curatore: Andrea Cirolla
Numero pagine: 233
Esercizi vecchi e nuovi
Edizioni: Archivio Dedalus
Collana: Lumen poesia
Autore: Giovanna Bemporad
Curatore: Andrea Cirolla
Numero pagine: 233
domenica 20 marzo 2011
giovedì 17 marzo 2011
http://giovannabemporad.blogspot.com/
Dear Network Creator,
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giuliana (giuliana.padre...ATgmail. com) visited your network just now, only to find that it's no longer available. They sent you this message:
"..."
"..."
sabato 11 dicembre 2010
lunedì 11 ottobre 2010
Esercizi
Esercizi > http://giovannabemporad.blogspot.com
Giovanna Bemporad: Esercizi, Garzanti, pagg. 175, lire 9.500E' fin troppo facile definire neoclassiche queste poesie, scritte tutte prima del 1948 e pubblicate in quell'anno in un'edizione pressoché clandestina. Troppo facile perché tutto (i perfetti endecasillabi, il lessico alto, il lirismo mai patetico ma anzi fermamente e nobilmente distanziato dagli umori dell'io, persino alcune scelte tematiche quali il passare del tempo, la gioventù trascorsa, la malinconia, la luna) sembra cospirare per imporre quella precisa chiave di lettura. E tuttavia il titolo stesso della raccolta suggerisce un'altra possibilità. La Bemporad che è ottima traduttrice di poesia (e nel volume c'è un'ampia testimonianza di tale attività), sembra compiere, nei confronti del materiale lirico offerto dalla tradizione italiana nella sua interezza, un'operazione di segno analogo a quello della traduzione: una riscrittura rigorosa e impegnativa di versi già scritti da altri, che lasci intatte le coordinate fondamentali dell'originale, che sia però in grado di far positivamente reagire la sostanza poetica con il nuovo sistema di riferimenti in cui viene trasferita la lingua, nel caso delle traduzioni, il cui qui e ora storico nel caso dello poesie. E in questo senso l'operazione è senza dubbio pienamente riuscita.
giovedì 20 agosto 2009
La sedia del diavolo e Giovanna Bemporad
Trasmissione LA SEDIA DEL DIAVOLO RadioBlu, 1982
[La sigla musicale è di Nino De Rose]
mercoledì 11 febbraio 2009
Su Giovanna Bemporad
resnais82 ha aggiunto un commento su il "flusso":
Abbiamo capito, sei una povera umanista ancora attaccata al mito della profondità, dei sensi profondi ecc..
La bella parola decadente al quale ti riferisci (forse alludi a Carmelo Bene?) si chiama scrittura di scena, se ne fotte del testo e dei significati, ed é molto più profonda (proprio perché non vuole esserlo) dei tuoi poemetti. Torna ad insegnare alle medie.
La bella parola decadente al quale ti riferisci (forse alludi a Carmelo Bene?) si chiama scrittura di scena, se ne fotte del testo e dei significati, ed é molto più profonda (proprio perché non vuole esserlo) dei tuoi poemetti. Torna ad insegnare alle medie.
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