mercoledì 29 febbraio 2012

al Paglia in suo onore

Oggi al modo del Paglia
in suo onore, per lui e 

per me
Sempre obliasti, Ajace Telamonio,
ogni prudenza in guerra, ogni preghiera.
Mai non pensasti ad invocar l'aiuto
d'una benigna Dea
che ingigantir potesse le tue forse
o sottrati sollecita al nemico.
Non avevi una madre
da impietosir l'Olimpo al tuo destino,
discretissimo eroe.
E a te non fu dato
compiere imprese stupende e gratuite,
atterrar Marte od Ettore,
o d'Afrodite il mignolo ferire,
bensì il combattimento orrido, immane,
fra soverchianti avversari,
in giorni che non s'ama ricordare.
Ogni volte che Giove era crucciato
contro gli Achei,
a te scendere in campo,
degna prole di Sisifo,
rampollo di Titani.
Quando Marte furioso conduceva
le falangi troiane
ad incendiar le navi,
tu le salvasti e Teucro.
Eri la gran riserva
nel pericolo estremo,
la resistenza, il muro, la fortezza.
Ti accoglieva ogni sera
la disadorna tenda
senza profumi
nè amorose schiave.
Là, presso il mare,
dormivi un sonno animalmente duro.
Primo fra i tuoi,
fra quanti eroi convennero sotto Ilio
non secondo a nessuno.
Ma veramente solo
ed unico tu fosti
nella sventura.
Nessun Dio ti protesse,
niuna gloria t'arrise incontrastata,
ti fu solo di scorta il tuo valore,
o fante antico.
E i Greci ti negarono quel premio
a cui tu ambivi:
l'armi d'Achille. Un maestro d'inganni
te le strappò. Ma in mare
costui le perse. E il flutto pietoso,
il mutevole flutto, più sagace
dell'umano giudizio, più costante
della fortuna,
sul tuo tumulo alfine le depose.
Pace all'anima tua
infera, Ajace.


Onore a quanti nella propria vita
si proposero la difesa di Termopili.
Mai allontanandosi dal dovere;
giusti e retti in tutte le azioni,
con dolore perfino e compassione;
generosi se ricchi e, se poveri,
anche nel poco generosi,
pronti all’aiuto per quanto possono;
sempre con parole di verità
ma senza odio per chi mente.

E ancora maggiore onore è loro dovuto
se prevedono (e molti lo prevedono)
che alla fine apparirà un Efialte
e i Medi infine passeranno.

martedì 21 febbraio 2012

Fu questo un poeta


Fu questo un poeta - colui che distilla
un senso sorprendente da ordinari
significati, essenze così immense
da specie familiari


morte alla nostra porta
che stupore ci assale
perché non fummo noi
a fermarle per primi.


Rivelatore d'immagini,
è lui, il poeta, 
a condannarci per contrasto
ad una illimitata povertà.


Della sua parte ignaro,
tanto che il furto non lo turberebbe,
è per se stesso un tesoro
inviolabile al tempo

lunedì 20 febbraio 2012

[costa-spatola] Le nostre posizioni

Una raccolta di versi che si offre al lettore come interpretazione di un manuale erotico secondo la legge della perdita di peso della parola, o una serie di calembours costruiti freddamente sul vuoto? E' questo il dubbio di chi affronta il catalogo di gesti pseudoieratici che sembra essere  Le nostre posizioni , un libro che vuol essere leggibile per equivalenze impossibili, mobilità-immobilità, loquacità-silenzio, ecc. Direi che la seconda impressione è quella esatta,   Le nostre posizioni  non interpreta né spiega né racconta, è invece un progetto assurdo e fine a se stesso di linguaggio spogliato di senso, depauperato fino allo scheletro, alla rete di relé che ne costituisce l'immagine cardiografica. Evidentemente Corrado Costa ha trasferito un’essenzialità didascalica di tradizione orientale nell’ impasto poco malleabile della nostra lingua, un’operazione rischiosa, pericolante verso una schematicità ortodossa, bloccata. Ma appunto il gioco riesce con grande tensione e lucidità per un rovesciamento totale e tagliente delle regole della precettistica, l’ortodossia e » prima », come materiale bruto da manipolare e reinventare in nome delle equivalenze impossibili, e la tabula rasa si rifiuta al suo ruolo di cavia per farsi obiettivo e risultato. 


Dunque Le nostre posizioni andrebbe letto non come interpretazione di un manuale erotico ma come trattatello di retorica, scadendo qui i valori postulati all’inizio del discorso (e del libro) a nomenclatura utilitaria, vantaggiosa forse proprio per la sua semplicità sconcertante. E' vero che i titoli delle poesie richiamano apertamente le fantasiose e complicate alchimie fisiche dell’ ars amandi dell’ Estremo Oriente favoloso e scomparso, ma è anche vero che questo rimando culturale si vanifica in una quotidianità familiare, sulla quale soltanto si applica il gusto tutt’altro che perverso dell’assoluto. Così Corrado Costa si serve di una versificazione elementare per asciugare il testo e pulirlo da ogni incrostazione di realtà, ed elimina l’analogia mediante la ripetizione analogica e ossessiva di una dichiarazione di sfiducia nel suo potere di verità, o di consolazione. Naturalmente è da queste premesse che il gusto dell’assoluto si può sviluppare senza scivolare in scontate mitologie para-ermetiche, e divenendone anzi una critica più esplicita che implicita, più scritta a chiare lettere sulla pagina che solo pensata come analisi di un ostacolo da aggirare. Viene voglia di affermare che con    Le nostre posizioni  si tenta anche, sia pure in prima approssimazione, una lettura non apodittica di certe scorie lasciate dalla combustione novissima, con intenzioni di ricostruzione o almeno di rifusiome. 


Possibilità da non scartare in una situazione ancora una volta di crisi e di ripensamento, che l’attenzione quasi esclusiva di Corrado Costa per la pura tecnica della composizione riesce a mettere a fuoco. E d’altra parte oltre l’apparente atonalità il calembour si svolge spesso sotto il segno impellente di certe considerazioni di stampo surrealista sugli spostamemi di contesto, qui tuttavia agiti dall’estero e a priori come motori di una gnoseologia non degli oggetti e della loro apparenza ma di uno stato permanente di fluttuazione. Una metafisica negativa, insomma, proiettata sull’intreccio frammemtario e » povero » di una logica incapace di uscire da se stessa. Un lavoro di concentrazione riduttiva posteriore all’indicaziome di Giuliani, e sommabile (con risultati volutamente erronei) a una scelta di lessico imperniata su » microfurori e alteraziomi » .

Corrado Costa:   Le nostre posizioni Geiger, Torino 1972. 
[¤] Adriano Spatola


sabato 11 febbraio 2012

Passio

Passus sofferto Antonio Barbieri 2000

Passus, sofferto

31 marzo 2000  L'allestimento ridefinisce lo spazio del salone monumentale della Biblioteca Angelica di Roma. Dal video si verifica come il pubblico viene coinvolto nella disposizione del palcoscenico come testo a fronte dello stupendo Coro del CIMA di Sabine Mielke Cassola e Sergio Seminovitch, di Piero Leone, di Francesca Cerocchi. Organizza per la Settimana della Cultura 2000 il Polo Sbn delle Biblioteche Pubbliche su iniziativa di Cetta Petrollo Pagliarani.


  1. L'ospite #t=00m02s
  2. Coro da camera #t=04m20s
  3. Costantino Sigismondi #t=37m52s
  4. Sandro Cappelletto #t=72m00s
  5. Piero #t=97m22s
  6. Coro Grande  #t=101m20s
  7. Sabine GRAN FINALE #t=110m14s

Caro Orazio Converso, Il tuo video potrebbe contenere materiale di proprietà o concesso in licenza da GoDigital MG For a Third Party. Non è richiesta alcuna azione da parte tua; se ti interessa sapere come ciò influirà sul tuo video, visita la sezione "Corrispondenze ID video" del tuo account per ulteriori informazioni. Sincerely, team di YouTube 
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giovedì 2 febbraio 2012

Beppe Salvia. CUORE.

A scrivere ho imparato dagli amici,
ma senza di loro. Tu m'hai insegnato
a amare, ma senza di te. La vita
con il suo dolore m'insegna a vivere,
ma quasi senza vita, e a lavorare,
ma sempre senza lavoro. Allora,
allora io ho imparato a piangere,
ma senza lacrime, a sognare, ma
non vedo in sogno che figure inumane.
Non ha più limite la mia pazienza.
Non ho pazienza più per niente, niente
più rimane della nostra fortuna.
Anche a odiare ho dovuto imparare
e dagli amici e da te e dalla vita intera.


C'è chi, al contrario di me, non dispera,
che con salute e forza e virtù e buona
fortuna, si arrivi a morire dopo
tanti bei giorni, pieni di tantissime
cose di questo mondo o di un altro mondo;
o dopo tanti giorni e quella gioia soltanto
povera dei giorni. Io son felice,
a questo mondo, solo di questo e spero
che a me il destino procuri con le sue
pesti e le pietà e i suoi dolori
un solo giorno più bello di tutti questi
miei dolorosi giorni; o di questo mio
dolore si dimentichi per un solo
giorno.


(Quanto fu lunga la mia malattia,
e tanto amara la mia vita in quella
fu stretta e spiegazzata come un cencio,
e io pallido e stanco come un mondo
intero dovessi sopportar tutto
su la mia schiena, faticavo tanto,
m'immaginavo mondi tutti assai
più lievi e volatili di questo mio,
che tanto m'affliggeva e tormentava,
e vaneggiavo di nascoste verità
e cieli quieti di pensieri chiari
ove più mio l'animo affranto potesse
dimorare, e non trovavo queste
cose che non esistono, e soffrivo)


I miei malanni si sono acquietati,
e ho trovato un lavoro. Sono meno
ansioso e più bello, e ho fortuna.
E' primavera ormai e passo il tempo
libero a girare per strada. Guardo
chi non conobbe il dolore e ricordo
i giorni perduti. Perdo il mio tempo
con gli amici e soffro ancora un poco
per la mia solitudine.
Ora ho tempo per leggere per scrivere
e forse faccio un viaggio, e forse no.
Sono felice e triste. Sono distratto
e vagando m'accorgo di che è perduto.


M'innamoro di cose lontane e vicine,
lavoro e sono rispettato, infine
anch'io ho trovato un leggero confine,
a questo mondo che non si può fuggire.
Forse scopriranno una nuova legge
universale, e altre cose e uomini
impareremo ad amare. Ma io ho nostalgia
delle cose impossibili, voglio tornare
indietro. Domani mi licenzio, e bevo
e vedo chimere e sento scomparire
lontane cose e vicine.


Ma oltre queste verità e dentro queste
vuote parole ho perso la misura.
Ora io so soltanto che son seduto
a questo tavolo e che per tanto buone
ragioni ho tempo e odio da spendere.
E mi basta così senza nemmeno
maledire. Non è perdere al gioco,
e poi fa bene vivere. Un'arte
marziale voglio imparare, di che sempre
si possa indugiare di far male.
Un teatro astratto di colpi e pensieri
per i giorni neri. E poi le gioie e insieme
con gli amici far niente.

© 2005 Mauro Biuzzi

e' morto Raimondo Vianello?

Lucio Battisti,il metronomo
April 18, 2010 at 12:03 pm
Come videoeditor diVideor* (la videorivista internazionale di poesia di Elio Pagliarani), da Modi di Produzione LaCaB, 1984 in poi, mi sono posto necessariamente la questione della durata, sia "quella" ,e poi tout court la durata dell'evento, del video, del viaggio, insomma del tempo.

Abruzzese aveva ragione, certo, ma non per questo avevo torto nel percorrere contemporaneamente la strada che DomCommisso e DomLamux hanno notato (ed annotato): la sospensione del tempo, la punteggiatura senza racconto, la scansione, proprio come quella che cito qui con il VideoViaggiare di Battisti e che piace ad Antonella Castellini non a caso matematica e scrittrice .

Stop/Start, diremmo, in uno stand-up comedian: drammaturgie della voce per sfuggire all'ipnosi della narrazione; la matematica di Lucio Battisti, il metronomo.

Devo interrompere, scandire, lasciare in sospeso: il video breve, brevissimo, in un contesto di fluenza com'è il luogo di facce-er-book è una richiesta (disperante) di linguaggio all'orecchio del saggio, ma in pieno mercato (R.B.); così come i tempi illimitati di videor per ascoltare la poesia in video e stare con i suoi poeti utilizzando una videocassetta registata rinunciando ad una regia per lasciare ai poeti il ritmo.
Nessun ordine nei pensieri, lasciare che si sciolgano così come accade che si formino. Li fisseremo, non abbiate dubbi su ciò, lo dice l'artista che compone e canta, apollineo e armonico, compiuto.
Sì, viaggiare, ma persi nei pensieri, eh.

* [VideorLa scelta linguistica che emerge ha qualcosa a che vedere con quel genere di videoarte che predilige 'i tempi illimitati', i tempi 'morti' come programmatica negazione del tempo 'scarso' profondamente sentito ed esibito dai consumi di massa, Alberto Abruzzese, Espresso 1989].
Domenico Meko Commissoma perche' non vi alcolizzate ogni tanto?
April 18, 2010 at 12:14 pm
Orazio ConversoAppunto, perdersi.
April 18, 2010 at 12:18 pm
Domenico Meko Commissoe questo e' il risultato?
April 18, 2010 at 12:20 pm
Orazio Conversoil video breve potrebbe significare una sottolineatura di quel che vi è detto, ma vedi bene che non è così: appena sottolineata...è cancellata dal contesto, dall'assenza di contesto. E non fare il cinico, all'ora dell'aperitivo.
April 18, 2010 at 12:22 pm
Domenico Meko Commissoapparte che mi sono svegliato ora, ma sapete che solo oggi ho scoperto che e' morto Raimondo Vianello? E che parlano incessantemente di Emèrgensi, che io non so minimamente cosa sia.
Non avere la televisione libera la mente, striminzisce il contesto e sottolinea con scrupolo le uniche cose che è davvero importante sapere. Altro che video breve..è un'idea talmente innovativa da essere completamente passiva. Se io non li guardo, non mi servono. O meglio, VUOL DIRE che non mi servono.

April 18, 2010 at 12:29 pm
Orazio Conversosì, vero, tutto questo senso è una pazzia.
April 18, 2010 at 12:44 pm

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