venerdì 30 dicembre 2011

tecnologie-della-parola


Stefania e Germana drizzano le orecchie, non a caso. Lo stage 20-10 per le Redazioni Digitali cela un'intenzione più vasta, quella di raccogliere i frutti di un lavoro decennale sul web digitale per le professionalità di redattore e di editor.
Trattandosi di training on the job abbisogna di interlocutori ai quali fornire delle soluzioni adeguate di networking, per i quali fare il lavoro.
Non ci mancano (Corsi di Laurea, Dipartimenti, Facoltà, Insegnamenti, Supporto alla didattica), ma difficilmente (esclusi i laboratori del prof. Gambarara) ci possono accompagnare solidarmente in questo progetto, dovremo aggiustarci, vediamo perchè.

I nostri criteri, irrinunciabili (che quindi pesano sul committente) per una ricerca che sia tale, comportano nel networking:
  • innanzitutto, il target giovane, anzi giovanile, dei redattori-utenti che cioè prevede una pratica volontaria degli studenti, libera, utilitaristica, gratuita, di diletto, che dal punto di vista della produzione e del lavoro implica fatalmente un'atteggiamento volontaristico degli stagisti rispetto alle richieste di sistema del committente classico (callcenter, tutoraggio,test di verifica, notizie eterodirette) ;
  • poi, il reclutamento degli studenti per gli stages "interni" della triennale e della magistrale - cioè che si svolgono all'interno dello stesso corso di laurea - risente di questà gratuità (intesa come libertà di pensare insieme sia al processo che al prodotto finale) e delle ragioni di opportunità (sono comodi, sono il rifugio a portata di mano dello studente per non fare gli stages in azienda o in una istituzione) che limitano la selezione necessaria d'ingresso che non ha da essere di specialità - sia chiaro - ma di motivazione;
Chiediamo agli stagisti
  • coinvolgimento nella riflessione tecnologica che porti a compromettersi col codice, quindi con la natura algoritmica dei linguaggi veicolati dal web e dal digitale che includono tutte le retoriche antiche e moderne;
  • disponibilità ad uno stile di studio-lavoro definitivo, cioè già consapevole della scelta ulteriore che richiede la partecipazione ad un gruppo di lavoro obbligante che non preveda da parte dell'istituzione forme di compenso al di fuori della routine voti/crediti;
Per questo la prima attività comune dello Stage sarà di ricognizione e di definizione successiva della committenza possibile, sia interna che esterna all'Università.

_da [Stage 20-10] [http://ambientidigitali.blogspot.com/2009/08/stage-20-10-tecnologie-della-parola.html][tecnologie della parola]

giovedì 22 dicembre 2011

L'obbedienza

" (..) dribblano la razionalità del linguaggio e seducono con quelle che lui chiama idee senza parole :formulazioni luminose e carezzevoli, in realtà stereotipate, che fanno presa con la potenza irresistibile della suggestione. Semplificando, diremmo slogan dove non c'è un bel niente da capire, dato che contasolo l'adesione emotiva. O  l'obbedienza. (..) "



«Il mito è una “storia vera” accaduta al tempo delle origini, che spiega come siano nate tutte le cose dell’universo e come abbiano fatto gli uomini, per la prima volta, a mangiare, a riprodursi, a fabbricare oggetti, a combattere ecc.». Nel Moderno invece «i nuovi miti rappresentano una fuga dalle restrizioni e dai dolori della realtà storica. Non potendo essere un “eroe”, l’uomo si crea eroi esemplari nelle persone che godono di particolare ricchezza, successo, notorietà ecc. (...) Non potendo vivere in una comunità effettivamente solidale, si crea comunità mitiche (dalle “società segrete” dei bambini a quelle degli adulti, dai gruppi dei tifosi sportivi alle comuni hippies ecc.)». Nella modernità, insomma, i miti sono «generalmente valori sostitutivi: compensazioni di valori assenti o non percepiti». Tecnicizzato, il mito funziona come «macchina mitologica », dispositivo che fabbrica mentalità, fedi, obbedienze politiche, stili di vita, mode.

Marco Cicala / Furio Jesi

La piccola dea


Ci sono artisti vulcanici che ogni anno eruttano un nuovo libro, spinti dal piacere di scrivere, raccontare e confermarsi nelle patrie let­tere, e altri - pochissimi - che per l'intera vita lavorano 
a un testo che sempre li lascia insoddisfatti. Roberto Varese fa parte di questa sparuta fa­miglia. Accumulate in una torre vacillante, credo di avere almeno quindici versioni del suo unico lavoro, che mai diventava un libro definitivo. Confesso che dalla terza versione in poi non ho piu letto niente, aspettando il testo finale. «Ho cambiato un capitolo», oppure: «Ho aggiunto una poesia, ma non sono ancora convinto», mi diceva Roberto quando lo incontravo nel suo infinito vagabon­dare per le strade di Roma. Perche Varese e un consumatore di certezze e di suole, cammina per la citta, la osserva, ammira le ragazze, entra nei bar e nelle chiese e intanto pensa a una virgola da spostare, a un aggettivo che - come il pisello della favola - gli impedisce sonni tranquilli. 
Ha iniziato il suo percorso accanto a tanti altri scrittori della sua generazione: loro intanto pubblicavano, diventavano quasi famosi, e lui stava sempre lì, a scartavetrare una frase ancora ruvida, a rammendare un endecasillabo, a togliere una lettera. Il suo libro così è diventato una leggenda, misteriosa fabbrica di San Pietro, invisibile tela di Penelope. «Cerco la semplicità, ma ancora non l'ho trovata», diceva Roberto. Ma che libro sara mai? E' il libro di una vita, dunque dentro c'e di tutto: un romanzetto ironico, un pugno di poesie, pochi brevi racconti. E' fuori da ogni genere, un pacchetto di fogli scompaginati, di pensieri, spunti, rancori, illuminazioni che - così pensavo - mai si sarebbero rappresi in un volume. Varese - mi dicevo - non ce la farà a venire capo di questa impresa ambiziosa e disordinata come la sua vita, che chiede la perfezione e non ottiene nulla. E invece, miracolo stupefacente, dopo vent'anni il libro è finito, esiste, si chiama «La piccola dea» ed e stato stampato da Fazi. E' una piuma, volteggia nella sua grazia e rischia di cadere nella disattenzione assoluta. Io l'ho letto con commozione, come una cosa che finalmente nasce, o che muore felice. 



La bella storia di un romanzo infinito di marco lodoli
roberto varese «La piccola dea» editore fazi

giovedì 15 dicembre 2011

Mais toi, quand viendras-tu?

2 giorni fa
La traduzione in redazione Videor
Editor: Orazio Converso
jongleur1781 ha detto:
Fantastica traduzione di Luzi di "Mais toi, quand viendras-tu?" di Michaux. L'antologia promette bene.

mercoledì 14 dicembre 2011

Cascando


1
why not merely the despaired of
occasion of
wordshed
is it not better abort than be barren
the hours after you are gone are so leaden
they will always start dragging too soon
the grapples clawing blindly the bed of want
bringing up the bones the old loves
sockets filled once with eyes like yours
all always is it better too soon than never
the black want splashing their faces
saying again nine days never floated the loved
nor nine months
nor nine lives
2
saying again
if you do not teach me I shall not learn
saying again there is a last
even of last times
last times of begging
last times of loving
of knowing not knowing pretending
a last even of last times of saying
if you do not love me I shall not be loved
if I do not love you I shall not love
the churn of stale words in the heart again
love love love thud of the old plunger
pestling the unalterable
whey of words
terrified again
of not loving
of loving and not you
of being loved and not by you
of knowing not knowing pretending
pretending
I and all the others that will love you
if they love you
3
unless they love you


(S. Beckett, 1936)
from Collected Poems in English and French, S. Beckett, Grove Press, Inc. N.Y. 1977
 Egli rifiuta ogni speranza, deride ogni ottimismo ragionevole. Solo coloro che hanno capito fino in fondo che qualsiasi ottimismo è irragionevole riescono a scorgere in quell'opera la fondamentale assenza del suo contrario, il pessimismo. Dalla Prefazione di Rodolfo J.Wilcock 

martedì 13 dicembre 2011

Stopping by woods on a snowy evening

Whose woods these are I think I know.
His house is in the village though;
He will not see me stopping here
To watch his woods fill up with snow.


My little horse must think in queer
To stop without a farmhouse near
Between the woods and frozen lake
The darkest evening of the year.


He gives his harness bells a shake
To ask if there is some mistake.
The only other sound’s the sweep
Of easy wind and downy flake.


The woods are lovely, dark and deep,
But I have promises to keep,
And miles to go before I sleep,
And miles to go before I sleep.


Fermandosi accanto a un bosco in una sera di neve


Di chi sia il bosco credo di sapere. Ma la sua casa è in paese: cosi’ Egli non vede che mi fermo qui A guardare il suo bosco riempirsi di neve. 
Troverà strano il mio cavallino Fermarsi senza una casa vicino Tra il bosco e il lago gelato La sera più buia dell’anno. 
Dà una scrollata al suo sonaglio Per domandare se c’è uno sbaglio: Il solo altro suono è il fruscio Del vento lieve, dei soffici fiocchi. 
Bello è il bosco, buio e profondo, Ma io ho promesse da non tradire, Miglia da fare prima di dormire, Miglia da fare prima di dormire.

traduzione di Giovanni Giudici, tratta da http://www.azulines.it/stories/paolac.html

giovedì 8 dicembre 2011

Pour vivre ici



Les forêts, les buissons, les champs de blé, les vignes, 
Les nids et leurs oiseaux, les maisons et leurs clés,
Les insectes, les fleurs, les fourrures, les fêtes.
[Quel che a me il giorno aveva dato, ho dato: Boschi, siepi, campagne a grano, vigne, I nidi e i loro uccelli e le case e le chiavi, Gli insetti, i fiori, i mantelli, le feste]

martedì 6 dicembre 2011

Giovanna Bemporad

Esercizi vecchi e nuovi

Giovanna Bemporad 
Esercizi vecchi e nuovi
Edizioni: Archivio Dedalus
Collana: Lumen poesia
Autore: Giovanna Bemporad
Curatore: Andrea Cirolla
Numero pagine: 233 

lunedì 5 dicembre 2011

son minime repubblicuzze


Con proibire tutto a tutti, la delinquente brigata ha garentito a sé ogni maggior comodità e sicurezza, dello illecito contro eventuali masnade concorrenti; simile a chi crea una riserva da cacciare e da raccogliere a sua posta, senza tema e senza pericolo, e’ suoi adepti simulare grinta e ringhiare, dormir soavi o sedere al gioco senz’opera quanto gli è piaciuto e paruto; e dar di mazza o di stocco, fucilare, deportare, bavare e gracidare nelle concioni e delirare nelle stampe; il Vigile dei destini principe ragghiare da issu’ balconi ventitré anni, palagiare la campagna brulla di inani marmi e cementi, e voltar gli archi da trionfo, anticipati alla cieca ad ogni sperato trionfo e assecurata catastrofe. 

Seminato il vento machiavello d’una sua brancolante alleanza, ricolse tempesta issofatto dalla maramaldosa pugnalata inferta a un morente popolo. 

Ruggente lïone di tutto coccio stivaluto e medagliuto, lungimiranza ve’ ve’ di tremebondo bellico lo strascinò di forza alla smargiassata africana, a spargere ne’ deserti feral morbo con porger l’otre alla sete degli eroi e de’ martiri, non anco patita la volontà del socio di ferro di cui, vaso di tutto coccio, così ciecamente s’era costituito prigione. Securo come il fulmine di quel tal securo, largì alti alpini del Piemonte alla morte senza scarpe, poche mitragliatrici bastarono nella tormenta e nel luglio senza scarpe, i tremila metri aiutando.

 Tempista ed arùspice de’ più dotati di bel tempo, ora viene il bello. No, no, no, Polonia, Danemarca, Norvegia, Franza, Scrotoslavia, Lucimburgo, Turchia, Sguizzara, tutta Grecia e Spagna, e dimenticavo Portogallo, e fino l’Andorra e ’l San Marino, che son minime repubblicuzze ne’ monti, no, no, le non si sono alleate alle belve, le non sono slittate sfinctericamenie alle guerre omicidiali dell’imbianchino. Egli, dico il Cupo nostro, e’ volle da prima alla su’ gloria, minacciosa gloria, la baggiana criminalata ad Affrica: ch’era del caffè poco pochino e dello istrombazzato e inesistente petrolio: e dell’oro e del platino, gràttati!: e del carcadè: paventando la ciurma non si stesse cheta, mobile e tumultuaria ch’ella fu sempre e divertita alle fanfare e agli svèntoli, se non a gittarle quell’offa dentro le fauci isciocchissime, (1935), di quella bambinesca scipioneria: dove andarono al sale da ottanta a novanta miliardi lire, in asfaltare le bassure clorurate della Dancalia, dopo aver pagato, per ogni sacco di cemento, oro, il passaggio a i’ ccanale.

mercoledì 30 novembre 2011

[tubozerouno on youtube] Giorgio Caproni

Commento al tuo video: Il cane di Giogio Caproni “Lei. / Soltanto ed inequivocabilmente / lei, la Bestia / (l’ónoma) che niente arresta.”

lunedì 14 novembre 2011

Risvolto di Variazioni Belliche di Amelia Rosselli

Non pochi scrittori e critici, di tendenze diverse, hanno già ricevuto una forte impressione dalla poesia di Amelia Rosselli, di cui si sono letti alcuni anticipi in riviste letterarie. Mentre i nodi più recenti della ricerca poetica in Italia sembrano più determinati e calcolati che, almeno fino ad ora, autentici o usati con necessità, la novità sconcertante della Rosselli può aspirare a proporsi come caratteristica di una nuova sensibilità e gusto nel far poesia.

Sembra che la scrittrice abbia ignorato gli elementi della poesia dal dopoguerra ad oggi, con rapporto d'impegno e di stile; mentre in realtà parte da un tale sperimentalismo. Attraverso certi suoi suggestivi vezzi, sentiamo la frequentazione e l'allusione di cultura e d'ironico pastiche al poetare delle origini italiane e a maestri del Novecento come Campana e Montale. La sua lunga esperienza musicale d'avanguardia (secondo cui ci dà un saggio sul metro originale della propria poesia, in appendice al libro) produce una prevalenza di suono (o significante) che si combina con una combinazione di specie simbolista. Nello stesso tempo, è però uno scatto impetuoso di liberazione intellettuale, col decifrare l'informe in cui si muove vitalmente, a produrre il componimento poetico con raro equilibrio. La lingua poetica, assai singolare, dipendente anche dalla complessa formazione giovanile in diversi paesi e in ambienti di eccezionale presenza ai problemi storici, conferisce un effetto di straniamento al testo.

Presentando per primo la Rosselli, Pier Paolo Pasolini ha posto l'accento sui suoi lapsus (cioè le parole "etmisfero" e simili) come rivelatori di una tensione in cui si arriva a a configurare una "poetica" fra surrealistica e traumatica. Questa chiave, più d'altre possibili, ci avvia ad apprezzare il testo della Rosselli come un unicum che contribuisce a mettere in dubbio ogni valutazione troppo assestata del corso dell'opera di poesia in tutti questi anni.

domenica 13 novembre 2011

Appunti di Celli Giorgio

La rivista Malebolge vide la luce sulla metà degli anni Sessanta a Reggio Emilia, .. a metà degli anni Sessanta, dopo la kermesse fondatrice dì Palermo, si riunì nuovamente a Reggio Emilia.
 Il Gruppo 63 costituiva, per dir così, un’orchestra polifonica, con più anime estetiche e ideologiche, ma tutti si riconoscevano nel Verri, e spergiuravano sul libro dei Novissimi, che agli inizi del decennio in questione aveva dato fuoco alle polveri della neoavanguardia. 





L’intenzione dei Novissimi, come per il Gruppo 63, che li ha sempre  riconosciuti come padri fondatori, era quella, detto in soldoni, di creare una contaminazione traumatica della nostra letteratura con quelle vertiginose esperienze di scrittura, praticare dalle avanguardie storiche
europee, che il deplorato ventennio aveva mantenuto rigorosamente al di lì dei nostri confini. 


Come l’antologia Americana di Elio Vittorini si era ripromessa di far conoscere agli italiani gli scrittori statunitensi, così il Gruppo 63 voleva fare lo stesso per quel che concerneva tutti i poeti e i romanzieri di cui ci era stata negata l’esperienza. Erano pochi quelli che da noi avevano letto i Cantos di Pound, oppure il poema generale di Neruda, e tantomeno le poesie di Éluard. Non si trattava, però, di progettare un semplice aggiornamento, ma di  promuovere una vera e propria rivoluzione linguistica, il passaggio di un paradigma dì  scrittura ormai esaurito a un altro, aperto a tutte le avventure lessicali e sintattiche.

..il surrealismo che sopravviveva soltanto come un fantasma. Per cui ci riproponemmo non di fare gli zombi o i redivivi del surrealismo storico, ma di dare vita a una sua nuova versione possibile, che decidemmo di definire parasurrealista. 
In qualche misura, il parasurrealismo intendeva essere il manierismo del surrealiamo.  Si trattava non di una rivisitazione, ma di una  riformulazione in veste moderna. Si era deciso così di impiegare le tecniche del surrealismo storico, come la scrittura automatica, elevandola alla seconda potenza, e cioè, per fare un esempio, simulando quel dettato dell’inconscio di cui Desnos, nei suoi tenebrosi versi, spergiurava di essersi messo all’ascolto diretto.
 Noi, cinicamente, si fingeva di fare lo stesso, ottenendo risultati simili, ma conseguiti a freddo, senza nessun apporro di voci salite dal profondo. Quelle tecniche combinatorie, di
ascendenza dadaista, che puntavano sul caso come promotore estetico, e di cui i surrealisti avevano fatto un impiego molto frequente, soprattutto nei loro cadaveri squisiti, venivano da noi inserite in qualche algoritmo che rendesse fittizia tutta l’operazione. Insomma, il  parasurrealismo si poneva come finzione consapevole del surrealismo. Le nostre metafore erano pescate dalla poesia di tutti i tempi, ma date come se derivasaero dal gioco spontaneo della interazione, a livello inconscio, tra il desiderio e la censura, la rimozione e il suo affiorare sulla superficie della coscienza. Il parasurrealismo era, insomma, un’esegesi in forma poetica del surrealismol!


Cinquant’anni dopo rivado con la memoria al destino di quei miei fortunosi amici di allora.
Nanni Scolari è stato il primo a mancare all’appello, in circostanze tragiche.
E così Antonio Porta, qualche decennio dopo, quando ormai era un poeta universalmente riconosciuto. Il destino dei tre moschettieri senza D’Artagnan ai proseguì su strade diverse.
 Adriano Spatola si convertì all’editoria e, alla
fine degli anni Sessanta, fondò una piccola essa editrice, Geiger, che fini per costituire nel tempo un importante punto di riferimento per molti giovani poeti.
Un mio volumetto di versi,  il Pesce gotico, inaugurò quella avventura libraria. In seguito Spatola diede vita a una rivista, «Tam Tam», che tenne viva la fiaccola di quella avanguardia, che, nel nostro paese, è andata progressivamente declinando. Nella sua fortezza editoriale, a Mulino di Bazzano, Spatola ha assolto per anni il compito di maestro di una cultura alternativa. Il suo percorso di artista è passato da una poesia di ispirazione surrealista a una poesia concreta, ai confini con la pittura, fatta di lettere sottoposte a una sapiente atte combinatoria, ritagliate e ricombinare variamente, Negli ultimi anni della sua vita si è dato all’happening vocale, e si ricorda il suo poema fonetico Aviation-Aviateur recitato ripetendo ossessivamente queste due parole battendosi contro il petto il microfono. 
Corrado Costa proseguì per la sua strada di poeta giocoliere, potenziando al massimo l’aspetto orale dei suoi versi. Di conseguenza, ha finito per ottenere lo straordinario risultato, mi si consenta il paradosso, di entrare a far parte delle sua poesia, diventando il poema di se stesso. 



Chiunque abbia assistito a una sua lettura della poesia il Fiume, e sia passato subito dopo a leggerla, capirà benissimo il mio discorso. 


Da poeta del «dopo ermetismo», come risulta essere nel suo libro Pseudobaudelaire, Costa ha coltivato una poesia fatta di versi brevi, di bisticci verbali, di equivoci semantici, e ci sembra del tutto legittimo far risalire questa sua verve, spesso di un corrosivo humour nero, all’ineffabile Jarry e alla sua patafisica. I suoi versi erano spesso accompagnati da disegni divertenti, spesso dissacratori e talora porno, con un tratto leggero dse ricorda certe figurette di Matta.

Malebolgie è stata per me un laboratorio, che mi ha insegnato a cercare 
che cosa volessi fare davvero della mia vita.
alfabeta2, settembre 2011

martedì 8 novembre 2011

Snocciolare tutto il vocabolario

Hell is neither here nor there
Hell is not anywhere
Hell is hard to bear.


L'inferno non è qui né lì
L'inferno non è in alcun luogo
L'inferno è duro da sopportare.


It is so hard to dream posterirty
Or haunt a ruined century
And so much easier to be.


È quanto mai duro sognare la posterità
O frequentare un secolo ruinato
E tanto piu facile essere.


Only the challenge to our will,
Our pride in leaming any skill,
Sustains our effort to be ill.


To talk the dictionary through
Without a chance word coming true
Is more than Darwin's apes could do.


Soltanto la sfida:al nostro volere,
L'orgoglio d'apprendere un'arte,
Sorregge il nostro sforzo d'essere malati.


Snocciolare tutto il vocabolario
Senza che una. parola a caso s'avveri
È piu di quanto le scimmie di Darwin possano fare.


Yet pride alone could not insist,
Did we not hope, if we persist,
That one day Hell might actually exist.


In time pretendilng to be blind
And universally unkind
Might really send us out of our mind.


Tuttavia l'orgoglio da solo, s'arrenderebbe,
Non fosse in noi la speranza, se persistiamo,
Che l'inferno possa un giorno esistere davvero.


Con l'andare del tempo,
 il fingere d'essere ciechi
E universalmente crudeli
Potrebbe in verità farei uscire di senno.


If we were really Wretched and asleep
It would be easy then to weep,
It would be natural to lie,
There'd be no living left to die.


Fossimo veramente infelici e addormentati
Sarebbe facile piangere,
Sarebbe naturale mentire,
Non rimarrebbe alcun vivente a morire.

sabato 29 ottobre 2011

Radio



"— la scienza come tale—"
quando sento cose del gerere alla radio
resto sempre avvilito.
C'è forse anche una scienza non come tale?
Io non vedo molta natura, di rado vado sui laghi,
giardini sporadicamente, dietro cancelli,
orti o baracche, tutto qua,
Dipendo dai surrogati:
radio, newspaper, magazines—
come si può propormi roba simile?

Allora è proprio il caso di dubitare
se questo non sia surrogato di violazcciocche,
colore della vita, bacio in bocca,avventure extraconiugali,
tutto ciò che dà un pò di lusso all'esistenza
e nel tutto deve pur esserci un nesso! 
No, questi processi mentali non fanno per me,
ma ci sono ore piene in cui da nessuna stazione
(I receive medium-wave, short-, long-, and VHF),
si sente una voce di donna, "prima dice no, poi forse,poi sì",
sempre soltanto queste sentenze pedagogiche,in realtà è tutto prodotto da un maschio al tavolino
quel che l'Occidente chiama lesue cose più alte -
ma io, come ho detto, sono per le avventure
extraconiugali!

«- antichi patrimoni culturali sarebbero del tutto scomparsi -»
(e beh?)
«- le voci del passato - »
(per me!)
«- nella località del Nuovo Messico
i farmer benedicono le loro bestie, i campi
con questi canti -»
(tanto piacere,
ma quanto a me io non metto quasi piede fuori del
Brandenburgo).
Stiamo ascoltando il professor Salem Aleikum, il cronista è lì che gli fa gli occhi dolci: «il professore è disteso sulla terrazza della sua casa col liuto in mano e canta le antiche ballate» - probabilmente su un'ottomana, con acqua e ghiaccio accanto, confuta ipotesi, ne emette di nuove -
I maggiori fiumi del mondo
Nilo, Bramaputra o che so io,
sarebbero troppo piccoli per affogare tutti questi
professori -
Io non ho campi, non ho bestie,
niente che mi benedica, è tutt una maledizione,
ma questi professori
insegnano a tutto volume
insegnano da tutti i pori
e ne fanno ambiente culturale.
"Radio" da Giorni Primari,
 Il Saggiatore translated by a.m.carpi.

"—science per se—"
my God, when I hear them on the radio saying that,
it slays me.
Is there a science that's not per se?
I don't get out much, rarely get to see any lakes,
gardens only sporadically and then behind fences,
or in allotments, that's about the size of it,
I rely on ersatz:
radio, newspaper, magazines—
so how can people say such things to me?
It makes you wonder
whether there are any surrogates for hollyhocks,
for warm life, French kisses, hanky-panky,
all those things that make existence a little luxurious,
and all of them somehow of a piece!
No, all this cerebration is not my cup of tea,
but there are sometimes hours on end
where there's no woman on any wavelength
(I receive medium-wave, short-, long-, and VHF),
no voice saying, "first you say no, then maybe, then yes,"
nothing but these opinionated pedagogues,
it seems that everything the West thinks of as its higher product is produced by the seated male—
as I say, give me the hanky-panky any day!


CHOPIN




Nicht sehr ergiebig im Gespräch,
Ansichten waren nicht seine Stärke,
Ansichten reden drum herum,
wenn Delacroix Theorien entwickelte,
wurde er unruhig, er seinerseits konnte
die Notturnos nicht begründen.
Schwacher Liebhaber;
Schatten in Nohant,
wo George Sands Kinder
keine erzieherischen Ratschläge
von ihm annahmen.
Brustkrank in jener Form
mit Blutungen und Narbenbildung,
die sich lange hinzieht;
stiller Tod
im Gegensatz zu einem
mit Schmerzparoxysmen
oder durch Gewehrsalven:
Man rückte den Flügel (Erard) an die Tür
und Delphine Potocka
sang ihm in der letzten Stunde
ein Veilchenlied.
Nach England reiste er mit drei Flügeln:
Pleyel, Erard, Broadwood,
spielte für zwanzig Guineen abends
eine Viertelstunde
bei Rothschilds, Wellingtons, im Strafford House
und vor zahlreichen Hosenbändern;
verdunkelt von Müdigkeit und Todesnähe
kehrte er heim
auf den Square d'Orleans.
Dann verbrennt er seine Skizzen
und Manuskripte,
nur keine Restbestände, Fragmente, Notizen,
diese verräterischen Einblicke -
sagte zum Schluß:
"Meine Versuche sind nach Maßgabe dessen vollendet,
was mir zu erreichen möglich war."
Spielen sollte jeder Finger
mit der seinem Bau entsprechenden Kraft,
der vierte ist der schwächste
(nur siamesisch zum Mittelfinger).
Wenn er begann, lagen sie
auf e, fis, gis, h, c.
Wer je bestimmte Präludien
von ihm hörte,
sei es in Landhäusern oder
in einem Höhengelände
oder aus offenen Terrassentüren
beispielsweise aus einem Sanatorium,
wird es schwer vergessen.
Nie eine Oper komponiert,
keine Symphonie,
nur diese tragischen Progressionen
aus artistischer Überzeugung
und mit einer kleinen Hand.
non molto fecondo nella conversazione ­ i pareri non erano il suo forte,
opinions talk "about" things ...
when Delacroix concocted yet another theory
he became restless; as for him
he couldn't tell the reason for his nocturnes.

in bed not a stallion;
pallida ombra a Nohant,
ove i figli di George Sand
preferred to ignore
his pedagogic advice.

ill in the chest by way
of bloody discharge and developing scars,
which drags on a long time;
but it is a quiet death
if compared to one
in agony
or in front of a shooting squad.
they pulled up to the door the piano (Erard)
and in his last hour
Delphine Potocka sang to him
a forget-me-not-song.

to England he travelled with three pianos:
Pleyel, Erard, Broadwood,
played for 20 guineas the evening
or for fifteen minutes
at the Rothschilds, Wellingtons, at Staffordshire Manor
in front of countless orders of the garter.
clouded by fatigue and mortality
ritornava
nello Square d'Orleans.

then he burned all his sketch-books
and manuscripts.
no leftovers, fragments, notes
those treacherous insights;
his last words:
"my attempts are satisfactory, given the limits
for what I was able to achieve."

every finger had to be employed
according to its anatomical strength,
the fourth being the weakest
(il medio è solo fratello siamese dell'indice.)
when he commenced performance, his fingers rested
on e, f-sharp, g-sharp, h, c.

who ever has heard certain
preludes of him
will hardly forget it:
be it in manor houses or
carried over the hills,
or through open terrace-doors,
for instance at a sanatorium.
mai compose un'Opera,
nessuna Sinfonia,
solo queste tragiche progressioni,
con convinzione artistica
e con mano piccola.

by Gottfried Benn (1886­1956)

not exactly profound in his conversation ­
opinions were not his strong points,
opinions talk "about" things ...
when Delacroix concocted yet another theory
he became restless; as for him
he couldn't tell the reason for his nocturnes.
in bed not a stallion;
a mere shade in Nohant,
where George Sand's children
preferred to ignore
his pedagogic advice.
ill in the chest by way
of bloody discharge and developing scars,
which drags on a long time;
but it is a quiet death
if compared to one
in agony
or in front of a shooting squad.
they pulled up to the door the piano (Erard)
and in his last hour
Delphine Potocka sang to him
a forget-me-not-song.
to England he travelled with three pianos:
Pleyel, Erard, Broadwood,
played for 20 guineas the evening
or for fifteen minutes
at the Rothschilds, Wellingtons, at Staffordshire Manor
in front of countless orders of the garter.
clouded by fatigue and mortality
he returned
to the Square d'Orleans.
then he burned all his sketch-books
and manuscripts.
no leftovers, fragments, notes
those treacherous insights;
his last words:
"my attempts are satisfactory, given the limits
for what I was able to achieve."
every finger had to be employed
according to its anatomical strength,
the fourth being the weakest
(just the Siamese companion to the third.)
when he commenced performance, his fingers rested
on e, f-sharp, g-sharp, h, c.
who ever has heard certain
preludes of him
will hardly forget it:
be it in manor houses or
carried over the hills,
or through open terrace-doors,
for instance at a sanatorium.
never composed an Opera,
never a symphony,
only these tragic obsessions,
out of an artistic conviction
and with a small hand.
by Gottfried Benn (1886­1956)

venerdì 7 ottobre 2011

Radio


"—science per se—"
my God, when I hear them on the radio saying that,   
it slays me.   

Is there a science that's not per se

Il cane di Giogio Caproni - YouTube

tubozerouno ha aggiunto un commento su Il cane di Giogio Caproni:
“Lei. / Soltanto ed inequivocabilmente / lei, la Bestia / (l’ónoma) che niente arresta.” 

Il cane di Giogio Caproni - YouTube

www.youtube.com/watch?v=pj91vID-RH04 feb 2009 - 2 min - Caricato da videorlab
You need Adobe Flash Player to watch this video. ... StandardYouTube License. 7 likes ... caproni regole ..
 

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