La Ragazza Carla A Girl named Carla, translated into English by Luca Paci with ...
Un amico psichiatra mi riferisce di una
giovane impiegata tanto poco allenata alle domeniche cittadine che, spesso, il
sabato, si prende un sonnifero, opportunamente dosato, che la faccia dormire
fino al lunedì Ha un senso dedicare a quella ragazza questa «Ragazza Carla»?
1
Di
là dal ponte della ferrovia
una
trasversa di viale Ripamonti
c'è
la casa di Carla, di sua madre, e di Angelo e Nerina.
Il
ponte sta lì buono e sotto passano
treni
carri vagoni frenatori e mandrie dei macelli
e
sopra passa il tram, la filovia di fianco, la gente che
[cammina
i
camion della frutta di Romagna.
Chi
c'è nato vicino a questi posti
non
gli passa neppure per la mente
come
è utile averci un'abitudine
Le
abitudini si fanno con la pelle
così
tutti ce l'hanno se hanno pelle
Ma
c'è il momento che l'abito non tiene
chissà
che cosa insiste nel circuito
o
fa contatto
o prende la tangente
A psychiatrist friend of mine tells me
about a young office worker so little accustomed to city Sundays that often on
Saturdays she would take a sleeping pill, in just the right dosage, to make her
sleep until Monday. Does it make sense to dedicate ‘Ragazza Carla’ to that
girl?
1
Beyond
the railway bridge
cutting
across Ripamonti boulevard
is the house of Carla, her mother and of
Angelo and
[Nerina.
The
bridge stands there quiet and beneath pass
trains
lorries breaking wagons and herds for the
[slaughterhouses
above
the tram runs by, trolleybus line alongside,
[people
walking
the
lorries with fruit from Romagna.
For
those born near these places
it
doesn’t even occur to them
how
having a habit is useful
Habits
are made with the skin
thus
everyone with skin has them
But
there comes the moment when the habit wears out
who
knows what’s shorting the circuit
or
making contact
or
going off on a tangent
allora
la burrasca
periferica, di terra,
il
ponte se lo copre e spazza e qualcheduno
può
cascar sotto
e
i film che Carla non li può soffrire
un
film di Jean Gabin può dire il vero
è
forse il fischio e nebbia o il disperato
stridere
di ferrame o il tuo cuore sorpreso, spaventato
il
cuore impreparato, per esempio, a due mani
che
piombano sul petto
Solo
pudore non è che la fa andare
fuggitiva
nei boschi di cemento
o
il contagio spinoso della mano.
2
Il
satiro dei boschi di cemento
rincasa
disgustato
è questo dunque
che
ci abbiamo nel sangue?
O saranno
gli occhiali? Intanto è ora
che si
faccia cambiar la montatura.
3
Se
si diventa grandi quando s'allungano
le
notti, e brevi i giorni
ecco ci sono
dentro
sembra
a Carla di credere, e sta attenta a non muoversi
ché
il sonno di sua madre è così lieve nel divano accanto
-
ma dormirà davvero, con Angelo e Nerina
che
fanno cigolare il vecchio letto
della
mamma!
then
the peripheral
storm,
earthbound,
covers
the bridge and wipes it off and some body
can
fall beneath
and
the films that Carla can’t stand
a
film by Jean Gabin can tell the truth
and
perhaps it’s the whistle and fog or the desperate
metallic
clanging or your surprised, frightened heart
a
heart unprepared, for instance, for two hands
that
drop onto your breasts
It’s
not modesty alone that makes her go
fleeing
into the concrete groves
nor
the thorny contagion of the hand.
2
The
satyr of the concrete groves
returns
home disgusted
is
this then
what
we’ve got in our blood?
Or
will it be the glasses? So now it’s time
For
him to get the frames changed.
3
If
you grow up when the nights
get
longer and the days shorter
that’s where I am
Carla
seems to think, and she tries not to move
‘cause
her mother is sleeping lightly on the settee
[alongside
-
but will she really sleep, with Angelo and Nerina
making
her mother’s old bed squeak!
e
Carla ne commisura il ritmo al polso, intanto che sudore
e
pelle d'oca e brividi di freddo e vampe di calore
spremono
tutti gli umori del suo corpo. E quelle
grida
brevi, quei respiri che sanno d'animale o riso nella
[strozza
ci
vogliono
all'amore?
E Piero sul
ponte, e la gente -
tutta così?
S'addormenta
che corre in una notte
che
non promette alba
sul ponte
che sta fermo e lì rimane
e Carla anche.
4
La
madre fa pantofole, e adesso che Nerina ha suo marito
c'è
Carla che l'aiuta: infila l'ago, taglia le pezze
fa
disegni buffi, un fiocco rosso
in
cima, un nastrino di seta
che non vanno
chi
compera pantofole dalle Dondi
non
ha civetterie: le vecchie vogliono le prove,
e
pantofole calde, pagamento più tardi che si può
due
anni che una signora Ernani ha da pagare
le
sue trecento lire, e puzza di liquori
le
giovani sposate sono sceme, alle cose gentili non ci
[vogliono
nemmeno
un po' di bene, anzi le guardano con rabbia
man
mano che col tempo si dimenticano
d'esser
state ragazze da marito
and
Carla matches the rhythm to her pulse, whilst sweat
and
goose-pimples and cold shivers and hot flushes
squeeze
out her bodily fluids. And those
short
squeals, those animal-like breaths or guttural
[laughter
are
they necessary
for love?
And
Piero on the bridge, and the people –
Are
they all like this?
She
falls asleep, a sleep which runs through a night
promising
no dawn
on the bridge which remains still and stays
[there
and
Carla too.
4
The
mother makes slippers, and now that Nerina has her
[husband
it’s
Carla who helps her: threading the needles, cutting the
[pieces
making
funny patterns, a red bow
on
top, a little silk ribbon
which
aren’t en mode
people
who want to buy slippers from the Dondis
are
not vain: the old women want substance,
and
warm slippers, payment as late as possible
it’s
two years since a certain signora Ernani has had to pay
her
three hundred lire, yet stinks of spirits
the
young married women are silly, delicate things they
[don’t like
at all, what’s more they look on
them angrily
as time passes they gradually
forget
having been girls for marrying
"A GIRL NAMED CARLA"
Un estratto da "La ragazza Carla" di E. Pagliarani, con traduzione inglese di Luca Paci.
Articolo postato lunedì 19 giugno 2006 da Adriano Padua
Luca Paci, che ringrazio, mi ha gentilmente inviato un estratto della sua traduzione in inglese del poema di Elio Pagliarani "La ragazza Carla" (Mondadori 1962). (Elio Pagliarani, A Girl Named Carla, edit. and trans. by Luca Paci, Leicester, Troubador, 2005). E’ possibile leggerla in formato word, nell’allegato in alto a destra. Qui di seguito un colloquio tra Pagliarani e lo stesso Luca Paci.A.P.
Colloquio con Elio Pagliarani
di LUCA PACI
Elio Pagliarani vive a Roma, in una palazzina non lontano dalla Citta’ del Vaticano, un’area moderna e popolare insieme.
Mi accoglie nel suo ingresso-salotto, sulla nostra destra una libreria che sale fino al soffitto. Dopo una lunga introduzione su quello che faccio, da dove vengo e cosi’ via, il signor Pagliarani comincia a parlare di se’ o piuttosto della poesia. E’ un’intervista strana, con rare domande da parte mia; la voce leonina del poeta e l’odore di pipa cospirano a creare un’atmosfera sospesa ed irreale. Fuori il traffico romano.
"Palazzeschi, si’... Devo dire che Palazzeschi e’ tra i miei poeti favoriti. Fu uno dei primi che si rese conto della mutata funzione della poesia, la chiamava "saltimbanco dell’anima mia". Era mutata la funzione dell’arte, il divertimento, del resto anche Picasso..."Il signor Pagliarani accenna, non asserisce, abbozza un discorso che deve essere intuito e quasi figurato dall’ascoltatore. Ho un piccolo quaderno per annotare qualche appunto.
"Io credo che la poesia sia testimonianza. Nel Novecento scompare il poeta civile alla Foscolo o alla Carducci per intenderci. Rimane pero’ la funzione di testimonianza anche se cambia la visione. E’ cambiata la visione de La ragazza Carla per esempio rispetto a La ballata di Rudi. La prima raccolta e’ ariosa, ironica ed ottimista mentre ne La ballata di Rudi c’e’ pessimismo, non ci sono colori e non solo per ragioni anagrafiche. E’ cambiato il mio modo di vedere il mondo".Tira fuori dalla libreria un volume sui Novissimi con versione inglese a fronte.
"Il libro e’ a cura di Paul Ballerini, c’e’ una parte de La ragazza Carla, non tutta purtroppo. Cominciai la stesura del poemetto a Milano nell’autunno del ’54 e lo terminai il giorno di Ferragosto del ’57. La ricerca partiva dalla necessita’ di ampliare il linguaggio poetico o meglio il linguaggio in generale".Quest’ultima osservazione mi permette di portare il discorso al Gruppo ’63, questo enigma della cultura italiana del secondo Novecento. E’ esistito? Vi era un fronte ideologico compatto?
"Non e’ mai esistito un fronte ideologico compatto nel Gruppo ’63, esistevano piuttosto due direttrici fondamentali: la questione della lingua e la oggettivita’ al posto della soggettivita’. Io ne La ragazza Carla cerco l’oggettivita’ dello sguardo. Balestrini va ancora piu’ in la’ usando la tecnica del "taglia incolla" . Eravamo stufi della poesia lirica, volevamo una poesia non lirica e antiaccademica. Il Gruppo ’63 nasce come movimento contro l’establishment. Le due traduzioni di Giuliani, il giovane Eco che dava corpo alle nostre posizioni teoriche su Opera aperta, il mio articolo pubblicato su Nuova Corrente dal titolo Per una definizione di neoavanguardia, contribuirono a diffondere queste idee. La lingua era al centro del dibattito. Ci siamo ribellati contro una lingua poco vitale. Penso che con il Futurismo la Neoavanguardia sia l’unico grande movimento in Italia contro l’Accademia".Ma l’ossessione per la lingua, lo stile non si trasforma anch’essa in puro formalismo, una sorta di Arcadia? Non si corre il rischio di compiacersi nella pura forma linguistica perfetta ma priva di contenuto?
"E’ in parte vero che alcuni esponenti del Gruppo ’63 indulgono al formalismo, ma e’ anche vero che movimenti come l’Arcadia o Vincenzo Monti contribuirono in maniera essenziale a preparare il linguaggio al Leopardi. Il linguaggio del poeta e’ gia’ nel Monti anche se il Leopardi ne fa poi una rielaborazione personalissima".Mi colpisce in Pagliarani la visione di insieme della storia della poesia italiana, il continuo riferimento alla struttura come tecnica. Anche su Montale per esempio ha un giudizio abbastanza netto.
"Montale era bravo, si’, ma anche furbo. Penso agli articoli che firmava e non scriveva. Non pubblicano l’epistolario perche’ e’ una litania infinita di lamentele e richieste. Aveva una dose di autoironia pero’. Ossi di seppia sono un libro importante con La bufera e altro, che secondo me e’ il suo punto piu’ alto. Poi dopo gli anni ’70 non scrive piu’ niente di rilevante".Intanto fra di noi due bicchieri e una bottiglia di whisky.
"Mia figlia si e’ dimenticata di mettere il vino bianco al fresco. Ti posso offrire solo whisky".Le piace Zanzotto?
"Zanzotto e’ un grande poeta, uomo di cultura, un navigatore. Ha una forte tensione lirica che lo accompagna sin dalle prime raccolte, da Elegia e altri versi. Certo, c’e’ stata anche una certa confusione, si diceva per esempio che la sua poesia fosse pre-lacaniana o assurdita’ del genere... Lui parla con le sue idee, e’ un poeta che tuttavia non ha una lingua, mutua piuttosto da differenti linguaggi".Due ore sono gia’ trascorse dal nostro incontro. E’ ora di cena. Ci sara’ una presentazione dell’ultimo libro di Tommaso Ottonieri in una libreria a Trastevere alla quale sono gentilmente invitato. Il signor Pagliarani mi accompagna al portone e mi indica la via per il metro’.
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