domenica 23 settembre 2012

Tradurre è tradire

Allora: perché fare uno spettacolo sul nonsense?


Carlo Izzo, celebre anglista e benemerito traduttore dei nonsense di Edward Lear, scrisse una volta al poeta W. H. Auden per chiedergli alcuni chiarimenti a proposito di una sua poesia nella quale si accennava al desiderio, un po' strano in verità, di poter seguire la brezza "come un porcellino ultimo nato". 

Domanda di Izzo: "C'è un qualche motivo per il quale un porcellino ultimo nato debba godersela a seguire la brezza?"

Risposta di Auden: "Perché no?" 

Allora: perché fare uno spettacolo sul nonsense? E perché no? Va bene, direte voi, ma perché proprio e solo sul nonsense italiano? Be', la risposta più ovvia potrebbe essere: per evitare insormontabili problemi di traduzione. Tradurre è tradire, si sa; figurarsi poi per quel che riguarda un genere letterario che vive di allitterazioni, bisticci, giochi di parole, arguzie, equivoci, sottigliezze insomma estremamente restìe a varcar frontiere.

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