martedì 21 dicembre 2010

Il canto d’amore di J. Alfred Prufrock

"S'io credesse che la mia risposta fosse
A persona che mai tornasse al mondo,
Questa mia fiamma staria senza più scosse.
Ma precciocchè giammai di questo fondo
Non trovò alcun, s'i'odo il vero,
Senza mai tema d'infamia ti rispondo."

Lasciamoci andare adesso tu ed io
Quando la sera si stende lungo il cielo
Come un paziente eterizzato su di un tavolo
Lasciamoci andare, attraverso certe strade semideserte
I ricoveri mormoranti
Di notti senza riposo in alberghi a basso costo
E ristoranti pieni di segatura e gusci d'ostriche.
Strade che si susseguono come un noioso argomento
Con l'insidioso proposito di condurti a quella domanda opprimente
Oh, non chiedere 'Cosa?'
Andiamo e facciamo la nostra visita.

Nella stanza le donne vanno e vengono
Parlando di Michelangelo.

La nebbia gialla che strofina la sua schiena contro i vetri,
Il fumo giallo che strofina il suo muso contro i vetri
Lambì con la sua lingua gli angoli della notte
Indugiando sulle pozze stagnanti negli scogli
Lasciando che gli cadesse sulla schiena la fuliggine che cade dai camini
Scivolò sul terrazzo e spiccò un balzo improvviso
E vedendo che era una leggera notte di Ottobre
S'arricciolò attorno alla casa, e si addormentò.

E di sicuro ci sarà tempo
Per il fumo giallo che scivola lungo la strada
Strofinando la sua schiena contro i vetri;
Ci sarà tempo, ci sarà tempo
Per prepararti una faccia per incontrare le facce che incontri.
Ci sarà il tempo per uccidere e il tempo per creare
E il tempo per tutte i lavori manuali quotidiani
Che ti sollevano e poi ti lasciano cadere la domanda su quel piatto;
Ci sarà tempo per me e tempo per te
E tempo ancora per centinaia di indecisioni
E altrettante visioni e revisioni
Prima di prendere il tè col pane tostato.

Nella stanza le donne vanno e vengono
Parlando di Michelangelo.

E certamente ci sarà il tempo
Per chiedersi "Posso Osare?" e , "Posso Osare?"
Il tempo per tornare indietro e scendere le scale
Con una piccola zona calva in mezzo ai capelli
(E direbbero: 'Come si diradano i suoi capelli!')
Con il mio abito della mattina, con il mio colletto rigido che mi arriva al mento
Con la mia cravatta ricca ma modesta e asserita da un piccolo spillo
(E direbbero: 'Ma come gli son diventate sottile le gambe e le braccia!')
Oserò Turbare l'universo? In un momento c'è tempo
Per migliaia di decisioni e revisioni che un attimo solo invertirà..

Perché ormai le ho conosciute tutte, conosciute una per una
Ho conosciuto le sere, le mattine, i pomeriggi
Ho misurato la mia vita con cucchiaini da caffè
Ho conosciuto le voci che muoiono come un morente declino
Sotto la musica che si sente da una stanza più lontana
E allora come potrei rischiare?

Ho conosciuto gli occhi ormai, gli ho conosciuti tutti
Quegli occhi che ti fissano e ti appiccicano una frase formulata,
E quando sei formulato, appuntato ad uno spillo
Quando sei trafitto da uno spillo e ti dibatti sul muro....
Come puoi ricominciare a sputare fuori tutti i mozziconi dei giorni e delle abitudini?
Come potrei rischiare?

E ho già conosciuto tutte le braccia, conosciute tutte
Le braccia che sono ingioiellate, bianche e nude
(Ma alla luce di una lampada avvilite da una leggera peluria bruna!)
E' il profumo che viene dal vestito che mi fa divagare in questo modo?
Braccia appoggiate ad un tavolo o avvolte in uno scialle.
E come potrei osare?
Come potrei ricominciare?

Potrei dire che ho camminato al crepuscolo per strade strette
E osservato attentamente il fumo che sale dalle pipe
Di uomini solitari in maniche di camicia affacciati alle finestre?

Avrei potuto essere un paio di lunghi artigli
Che corrono sul fondo di mari silenziosi..

Nessun commento:

Google Ricerca Blog.