La complicità finisce per rivelarsi, in uno di quegli slittamenti 
peculiari al simbolico, un’identità. Poche pagine oltre il corpo di 
Gretta, desiderato con violenza da Gabriel, verrà definito «musical and 
strange and perfumed». Ascoltare, vuol dire trasformarsi in ciò che si 
ascolta, condividerne in qualche maniera il destino, aggirando la 
barriera dell’identità. Per questo il corpo di Gretta è musicale. 
È nel tempo del viaggio, dove c’è chi muore giovane sotto la finestra 
dell’amata e chi invece campa molto a lungo, scrivendo recensioni di 
libri di poesia, dividendo tranquillamente il letto con la stessa donna 
per la quale l’altro è morto, che la virtù di giustizia, come ogni altra
 virtù, è sottomessa a un rischio di fallimento.
La sproporzione fra i destini è tale che si rischia di rimanere 
accecati, di costruire un mondo che assomiglia solo alla propria 
profonda ignoranza – un mondo senza luce e senza bellezza, com’è quasi 
sempre quello degli intellettuali come Gabriel, degli uomini che 
scrivono di poesia sulle gazzette senza mai sospettare nemmeno 
l’esistenza di ragazzi capaci di morire fieramente d’amore e di pioggia.
Solo il racconto (non la «letteratura», che non esiste, che non ha 
nessuna importanza, ma la fatica e la trepidazione del raccontare) può 
ridonare dignità all’esistenza offesa da un’ingiustizia così enorme. 
 
 
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