sabato 25 dicembre 2010

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mercoledì 22 dicembre 2010

Due poeti e le anguille di Comacchio

Quant'è bizzarro e giudizioso il caso, certe volte. Fortuite coincidenze editoriali ci hanno rimesso sotto gli occhi l'opera poetica di due scrittori diversissimi e ciò nondimeno individuabili nella medesima costellazione: Antonio Delfini (1908-1963) e Corrado Costa (1929-1991). Potremmo chiamarli: quelli dall'immaginazione eccentrica, i giocolieri malinconici e stravaganti (malinconia d'impronta baudelairiana), i marginali per vocazione. Ma, oltre questa generica collocazione, si danno alcuni motivi per accostarli e per capire ciò che li collega pur essendo tanto diversi. 
 
Di Delfini, che è sempre stato e resta un autore di culto per una cerchia di lettori affezionati, sono soprattutto noti gli incantevoli racconti. Le sue Poesie della fine del mondo, pubblicate da Feltrinelli nel 1961, le si è lasciate cadere nell'oblio per decenni. Strana indifferenza verso un libro singolar-profetico, villano, inferocito e tenero, perennemente provocatorio e liberatorio. Gli scritti sottilmente funamboli e i disegni di Corrado Costa erano conosciuti, e nemmeno sempre, nell'ambito e nei dintorni della neoavanguardia. Sparsi la maggior parte in piccole riviste, plaquettes, cataloghi di gallerie d'arte, stampe per pochi amatori e amici, ci auguravamo nel '91 in queste pagine che qualcuno li raccogliesse in volume.
Hanno pensato due piccoli editori a far apparire, pressoché contemporaneamente, la ristampa delle poesie delfiniane e una buona antologia dei testi paradossali e fantasiosamente enigmatici di Costa. Pubblica Poesie della fine del mondo e Poesie escluse, a cura di Daniele Garbuglia, la Quodlibet (Macerata, Vicolo Ulissi 4; pagg. 144, lire 22.000). Cose che sono parole che restano, testi e disegni di Corrado Costa a cura di Aldo Tagliaferri, esce da Diàbasis (Reggio Emilia, viale Isonzo 8; pagg. 204, lire 30.000). È giusto segnalare che due Biblioteche civiche - quella di Modena dedicata appunto a Delfini e la Panizzi di Reggio Emilia - hanno contribuito alle spese di edizione.
Delfini era modenese. E Costa, nato in provincia di Parma a pochi passi dal territorio di Reggio, è cresciuto e ha sempre vissuto in quest'ultima città.



Ai tempi del Gruppo ’63, Costa proponeva di fondare «il gruppo dei poeti estensi, sotto l'egida di Ciro Menotti, contro i poeti di Parma». Tra i quali si distinguevano, inutile dirlo, influenti detrattori della neoavanguardia. E Delfini, per via di una devastante delusione amorosa, prese a odiare Parma con tale furore che non si contentò delle ingiurie e invettive scatenate nelle Poesie della fine del mondo, ma scrisse un avventuroso e attraente saggio, pubblicato nella rivista Il Verri, per dimostrare che La chartreuse de Parme di Stendhal era in realtà ispirato da personaggi ed eventi della cronaca modenese.

Costa conobbe di persona Delfini nel 1962 e lo invitò «a mangiare le anguille a Comacchio». Episodio così poco trascurabile che lo ricordò nel 1989 in una allegra autobiografia lunga appena due pagine. I due mattocchi emiliani, sebbene divisi da una generazione e alquanto dissimili per temperamento, avevano origini comuni nel surrealismo e nella patafisica, condividevano una segreta stramberia di visioni, che poi manifestavano in forme opposte e ugualmente radicali.

Spero che Poesie della fine del mondo e l’antologia di Costa non patiscano troppo l’insufficiente distribuzione nelle librerie che affligge tutti i piccoli editori. Perciò ho indicato più sopra l’indirizzo di Quodlibet e Diàbasis (casuale e forse non insignificante affinità nel gusto «umanistico» della denominazione, come per dire: siamo piccoli, ma speciali). Insomma ad autori ritenuti eccentrici e marginali rispondono editori fieri di dichiararsi eccentrici e marginali anche nel nome.

Un buon lettore è per definizione versatile e flessibile; e ha imparato in qualche modo, per istinto o riflessione, che i buoni poeti mirano, usando le parole, a oltrepassarne il senso. Perfino il linguaggio osceno, poniamo, nella potenza espressiva di un Gioachino Belli, acquista una impensata valenza comico-tragica. Ora, l’irrisione esulcerata e forsennatamente grottesca di Delfini, e lo stile leggero, parodico-concettuale di Costa, derivanti tutt’e due dai rami patafisico-surreali, risultano, anziché marginali, centralissimi, se siamo disposti a cogliere il piacere delle loro opposte forme. «Viviamo di catastrofi», constatò con pacata ilarità il fondatore della patafisica Alfred Jarry.

L’impulso profetico-catastrofico travolge e al tempo stesso sorregge le poesie di Delfini nel furore e nel gioco dell’insensatezza, pulsante di quel senso sfigurato che soltanto la poesia vi scopre. Corrado Costa muove dalla stessa percezione del mondo sfregiato da una ricognizione critica del personaggio poetico moderno, quell’antieroe minacciato dall’orrore e dall’assurdo che fa la sua prima apparizione nelle Fleurs du Mal di Baudelaire.
Non per caso la prima raccolta di Costa è intitolata Pseudo-baudelaire (Scheiwiller 1964). In quei testi di esordio si consuma la catastrofe del linguaggio simbolico. Il poeta batte e ribatte su una situazione di pericolo estremo: oggi niente è più plausibile. Il Male è diventato un sosia del Bene (famosa poesia «I due passanti»: quello distinto con il vestito grigio e quello distinto con il vestito grigio, «uno che tortura e l’altro senza speranza»). Giustificare la storia significa eleggere il carnefice a vittima del Sistema. Non si distingue più il giusto dal giustiziere; «non è previsto ai vinti morire per nessuna vittoria/ l’esecutore resta ancora in carica pro e contro i fucilati».
Poiché non c’è altro da fare per smascherare l’ambiguità del linguaggio simbolico che pretende di significare questa situazione, Costa si avvierà dopo Pseudobaudelaire verso un’esperienza ulteriore: il poeta si dedicherà a svuotare le parole di tutte le significazioni fittizie, le spoglierà di ogni intenzione simbolica. Ora le parole più semplici e nude predicano senza trucchi espressivi il concreto invisibile, la sfuggente totalità in cui abitano; la complessità e la fragilità intere della situazione. Proviamo a leggere questa «Conversazione da solo», che a prima vista può sembrare un gioco di destrezza concettuale:
ci sono delle cose che sono di fronte a questa pagina aperta / collegate ad altre che sono dietro le spalle / ci sono delle cose di fronte a questa pagina aperta / che sono collegate / alle cose che mancano / le cose come le cose / al centro c’è il tuo posto / al tuo posto non c’è nessuno.

Non è piuttosto un lucido autoritratto del pensiero che si stacca da sé, facendo il giro di ciò che è presente, di ciò che è virtuale, di ciò che manca e di ciò (il soggetto, l’io) che viene a mancare? Non c’è dubbio che Costa ci conduce in un limbo spaesato, che sta oltre quella realtà degradata e orrenda di cui non si può più parlare.
Invece è proprio quest’ultima che Delfini aggredisce inventando i suoi toni più grandiosi nell’invettiva, nella farsa del nonsense, nel grand-guignol (vedi la poesia «O Goro» tra le escluse, che è anche un truce allucinato racconto), nel turpiloquio, nella derisoria ricorrente minaccia di guerra agli ignobili e di vendetta contro gli «assassini».
Il poeta lotta contro le parole e contro gli assassini degli uomini e delle parole. Oscilla tra la disperazione furente e l’esaltazione: «È inutile distruggere gli anni, / inutile la Gran Situazione: / Non c’è più salvezza – più niente. / Rivoluzione, parola trombone» (scrive nel novembre 1958). -«Oggi sono il capo di una grande rivolta. / Mi ascoltan gli uccelli nel cielo / mi ascoltano i cani stavolta!» (conclude la poesia «Torna la liberta» dell’agosto 1959). A rendere abitabile il mondo che sta finendo penseranno gli squadroni dei fedeli d’Amore, guidati da «una Bambina con una rosa in mano», figlia di Guido Cavalcanti! Gli ignobili imperversano e le parole del poeta sono la realtà:
Mercanti, banchieri, avvocati, ingegneri, cocchieri, / non siete che polvere di rotti bicchieri, / di cui faremo carta vetrata per sfregiare la faccia / dei nostri irricordabili ricordi di ieri.

Delle parole Delfini brucia le scorie morte: «È mio dovere scrivere la mala poesia». Il suo anticanzoniere amoroso e civile è una rivolta iperbolica contro gli oltraggi della vita-morte. Digrignando, il poeta se la gode infilando nei versi collages, filastrocche oscene, deformazioni nominali, metaplasmi e metatesi burlesche. Ma a tratti Delfini è mirabilmente patetico e preso da una sbandata pietà per l’impazzare del Male. Pietà che, non sia mai, potrebbe colpirlo per la «sozza e immonda» antibeatrice che è la sua musa alla rovescia:
Se tu ti ammalassi e tu chiedessi pietà… / che orrore dovertela concedere che orrore! / Non ti ammalare – ti prego – non ti rinsavire / non diventare santa non ti riscattare! / Sarebbe veramente schifoso doverti perdonare. / La mia vendetta che domando per te è questa: / come adesso sei e fosti, stronza resta!
Mentre prega, invoca, maledice, il poeta si ricorda di Baudelaire, «della sera che dice sempre io t’amo» (On se souvient de Baudelaire la nuit), si ricorda dell’infinito e dell’oblio.
Io trovo superba la conclusione delle Poesie della fine del mondo: Han suonato alla porta: / Niente ordini per noi comandanti. / Niente ordini per noi qui del cielo.
Li si legga pure poco e male, i poeti non possono essere smentiti. 
[«La Repubblica» 22-09-1995]

Casa Chiusa

"Agli animali, ai malati, ai prigionieri"
Louis-Ferdinand Céline


dir(s)te vigencia - vergine distancia (appunti per una poetica della distanza)

La poetica della distanza è l'arte dell'indiretto applicata a tutto: a tutti gli aspetti della vita e a tutte le forme d'arte. E' un esperimento lungo: un buon genere - longitudinale - di esercizio etico: dura tutta la vita e permea tutti gli aspetti di essa; dura tutta la vita del mondo e ne permea tutti gli aspetti.


E' una forma di educazione - autoeducazione - al non-toccare direttamente, al non-intervenire direttamente, al non-parlare direttamente, al prendere-le-distanze per puntare su una vicinanza di qualità, prossimità-di-cuori (distanza intima, se si vuole).
Influenza la politica, le leggi di mercato, i rapporti amorosi di tutti i generi, i linguaggi, le arti. Si ferma sulla soglia del dicibile e NON dice - non direttamente: gira intorno. E' l'arte della sottr-azione lungimirante laddove viene provocato lo sterile (e miope) esercizio della presenza che è esercizio dell'azione dialettica - di opposti che si fronteggiano.

Per "esercitare" la poetica della distanza, si abiti l'arte a vene aperte, si viva in-levare facendo cadere (tenendola sospesa) la "nota" più in là; si viva con tutti i sensi (compresi quelli dell'anima) all'erta e si arrivi stanchi e pieni alla fine di una giornata; si "sogni forte" tutta notte tutte le notti.

 

Si ami incondizionatamente senza voler-possedere: oggetti, soggetti.
Li si contempli, li si adori, li si descriva (a tutti e a loro stessi) minuziosamente come a un cieco, li si tocchi come un cieco tocca le cose - come unica forma di conoscenza.
Azione solo come forma di adorazione-conoscenza. E se un oggetto o un soggetto "ci chiama", essere pronti ad agire-adorando-descrivendo: non si possiede se non essendo posseduti dall'oggetto-desiderante-adorato. E laddove "desideriamo" (un oggetto, un soggetto) aspettiamo che questo ci rivolga anche un solo sguardo di "chiamata" prima di iniziare l'azione adorante (sorvegliarsi mentre si passa all'azione).

Si ami tutto, incondizionatamente, cioè senza "interesse" ed esercizio di potere, per conoscere se stessi, per riappropriarsi di sè - del mondo.

La conoscenza è questa straordinaria condanna ad amare tutto. Senza amore non c'è vera conoscenza. Su questo, e sull'impossibilità a raggiungere quella conoscenza-amore, tante barche si sono spezzate (come dice quel poeta) e tante, a ritmi vertiginosi - esponenziali - si spezzano ancora.







Sapete amare la mappa di un punto del mondo come qualcosa che ha da farvi un lungo racconto su voi stessi?




Sapete farvi accendere i pensieri dalla mappa di un punto del mondo come qualcosa che interroga su come risolvere il monopolio o la speculazione sui canali di comunicazione?
Sapete percepire tutti i ponti (più o meno splendidi) che in una giornata si costruiscono e si disintegrano (tempo di vita: la durata di una telefonata a una persona cara) sopra oceani tra un continente e l'altro? Sapete immaginarli e adorarli?
Riuscite a sentire il palpito di tutti i cuori spaventati per una guerra, per ogni genere di violenza; palpito di cuori che ruggiscono per le ingiustizie e le prevaricazioni? Sapete sentire i lamenti di morte e di disperazione di chi non ha, invece, la forza di ruggire? Ne venite tramortiti ogni giorno? Sapete ogni giorno riprendervi perchè avete speranza sulle sorti del mondo?
Sapete amare le sorti dell'essere umano al punto di voler denunciare l'Effimero su cui si reggono i sistemi economici che ricattano il mondo intero con le loro leggi che dichiarano - sedicenti - inalienabili, incontrovertibili, categoriche? Sapete voler rompere il gioco? Sapete volerlo fare con la poetica della distanza?

Sapete tenere un discorso no-stop aprendo tutte le parentesi che il discorso stesso apre: un discorso implosivo e percio' stesso esplosivo? Sapete resistere alla tentazione di dare ordine al discorso? Sapete sottrarvi dall'esercitare potere con il discorso?
Sapete amare le città come corpi da toccare, accarezzare fino in profondità? Sapete destinare loro soltanto gesti di forza adorante, solo dopo che con tutte le loro evocazioni si abbandonano a voi?

Sapete rimanere estasiati e immobili (solo fuori) osservando un bimbo che, giocando a palla, si accorge per la prima volta della sua ombra e in silenziosa concentrazione inizia una strana danza di "studio" che dura quarti d'ora? Sapete voler riproporre, a tutti, all'infinito, una simile estasi?
...
 
Basterebbe qualche altro centinaio di cose come questa per rendere la vita degna di essere vissuta (dice quello scrittore Hi-Fy)
Poetica della distanza per ridurre le distanze. E' distanza dall'azione prevaricante e violenta, ottusa, sbrigativa e arrogante, ricattatoria e castrante. Distanza dal voler possedere a tutti i costi...Distanza dal giudizio e dall'affermazione acerrima e conclusiva.
Vicinanza, sì, e prossimità con il vibrare degli esseri e delle cose. Vibrare che è bellezza, anyway.




La qualità e lo spessore dei rapporti paga sempre, conviene investirci: il tempo del cuore trascorso in conversazioni, corrispondenze, adorazioni, approfondimenti, studi, coinvolgimenti, ansie e ardori sorvegliati, passioni consapevoli,... senza il ricatto della velocità-denaro; è pratica della poetica della distanza.
Poetica, materiale e tecnica dell'arte della distanza.

Sapete amare l'integrità necessaria a ciascuno di noi per entrare nel mondo? Sapete entrare nel mondo coinvolgendovi fino in fondo - con-fondendovi col mondo e ... conservare e difendere la vostra integrità?
Scendere negli abissi delle cose e delle persone, con le cose e le persone, e risalire tutti (cose e persone) vergini alla superficie, lo sapete?

Ponte 0.1 teru-teru - 7 Giugno 2003

martedì 21 dicembre 2010

Il canto d’amore di J. Alfred Prufrock

"S'io credesse che la mia risposta fosse
A persona che mai tornasse al mondo,
Questa mia fiamma staria senza più scosse.
Ma precciocchè giammai di questo fondo
Non trovò alcun, s'i'odo il vero,
Senza mai tema d'infamia ti rispondo."

Lasciamoci andare adesso tu ed io
Quando la sera si stende lungo il cielo
Come un paziente eterizzato su di un tavolo
Lasciamoci andare, attraverso certe strade semideserte
I ricoveri mormoranti
Di notti senza riposo in alberghi a basso costo
E ristoranti pieni di segatura e gusci d'ostriche.
Strade che si susseguono come un noioso argomento
Con l'insidioso proposito di condurti a quella domanda opprimente
Oh, non chiedere 'Cosa?'
Andiamo e facciamo la nostra visita.

Nella stanza le donne vanno e vengono
Parlando di Michelangelo.

La nebbia gialla che strofina la sua schiena contro i vetri,
Il fumo giallo che strofina il suo muso contro i vetri
Lambì con la sua lingua gli angoli della notte
Indugiando sulle pozze stagnanti negli scogli
Lasciando che gli cadesse sulla schiena la fuliggine che cade dai camini
Scivolò sul terrazzo e spiccò un balzo improvviso
E vedendo che era una leggera notte di Ottobre
S'arricciolò attorno alla casa, e si addormentò.

E di sicuro ci sarà tempo
Per il fumo giallo che scivola lungo la strada
Strofinando la sua schiena contro i vetri;
Ci sarà tempo, ci sarà tempo
Per prepararti una faccia per incontrare le facce che incontri.
Ci sarà il tempo per uccidere e il tempo per creare
E il tempo per tutte i lavori manuali quotidiani
Che ti sollevano e poi ti lasciano cadere la domanda su quel piatto;
Ci sarà tempo per me e tempo per te
E tempo ancora per centinaia di indecisioni
E altrettante visioni e revisioni
Prima di prendere il tè col pane tostato.

Nella stanza le donne vanno e vengono
Parlando di Michelangelo.

E certamente ci sarà il tempo
Per chiedersi "Posso Osare?" e , "Posso Osare?"
Il tempo per tornare indietro e scendere le scale
Con una piccola zona calva in mezzo ai capelli
(E direbbero: 'Come si diradano i suoi capelli!')
Con il mio abito della mattina, con il mio colletto rigido che mi arriva al mento
Con la mia cravatta ricca ma modesta e asserita da un piccolo spillo
(E direbbero: 'Ma come gli son diventate sottile le gambe e le braccia!')
Oserò Turbare l'universo? In un momento c'è tempo
Per migliaia di decisioni e revisioni che un attimo solo invertirà..

Perché ormai le ho conosciute tutte, conosciute una per una
Ho conosciuto le sere, le mattine, i pomeriggi
Ho misurato la mia vita con cucchiaini da caffè
Ho conosciuto le voci che muoiono come un morente declino
Sotto la musica che si sente da una stanza più lontana
E allora come potrei rischiare?

Ho conosciuto gli occhi ormai, gli ho conosciuti tutti
Quegli occhi che ti fissano e ti appiccicano una frase formulata,
E quando sei formulato, appuntato ad uno spillo
Quando sei trafitto da uno spillo e ti dibatti sul muro....
Come puoi ricominciare a sputare fuori tutti i mozziconi dei giorni e delle abitudini?
Come potrei rischiare?

E ho già conosciuto tutte le braccia, conosciute tutte
Le braccia che sono ingioiellate, bianche e nude
(Ma alla luce di una lampada avvilite da una leggera peluria bruna!)
E' il profumo che viene dal vestito che mi fa divagare in questo modo?
Braccia appoggiate ad un tavolo o avvolte in uno scialle.
E come potrei osare?
Come potrei ricominciare?

Potrei dire che ho camminato al crepuscolo per strade strette
E osservato attentamente il fumo che sale dalle pipe
Di uomini solitari in maniche di camicia affacciati alle finestre?

Avrei potuto essere un paio di lunghi artigli
Che corrono sul fondo di mari silenziosi..

lunedì 20 dicembre 2010

haiku

Premio Haiku dal 1987 al 2004, organizzato dall’Associazione Nazionale Amici dell’Haiku. Apprezzata già da subito, questa particolare produzione poetica proveniente dal Giappone ha saputo, nel corso di questi 18 anni, guadagnarsi un successo sempre maggiore, inserendosi nella nostra tradizione poetica nonostante ne sia profondamente diversa. Questi brevi pensieri sono descrizioni di attimi altrettanto brevi, «eventi (…) che trovano ad un tratto la loro forma esatta» (G. Patrizi), che sembrano stare sulla carta estranei a tutto: è impossibile pensarli familiari a qualcos’altro se non a loro stessi. Eppure la loro bellezza, che suscita stupore e ammirazione, sta proprio in questo: riuscire ad esprimere, in così poco spazio, qualcosa che, se non infinito, è però sicuramente molto, molto vasto.

Carla Vasio, veneziana, vive a Roma. Ha partecipato alla neoavanguardia italiana degli anni Sessanta, facendo parte del Gruppo 63. Storica dell'arte, saggista e scrittrice,  ha curato alcune antologie di haiku di autori giapponesi contemporanei. E' presidente dell'Associazione italiana Amici dell'haiku.

haiku

un genere audiovisivo

Awesome!

Awesome! ! Impressionante! ! [osome]

Gruppo 63 [le comete n°31]


domenica 19 dicembre 2010

Notizie dal diluvio

Volevi che ti fosse uguale,che ripetesse
i tuoi gesti come una bambola ammaestrata,
che continuasse la tua stolta vita,
come un barattolo appeso ad uno storpio,
volevi calcarle la tua nera parrucca,
costringerla a leggere le tue inutilezze,
credevi che fosse un tuo ciondolo.
Come ti illudevi, Scardanelli.

Tutto ciò non è stato e sii felice se è diversa,
se non vuole andare a Corintho, se finge
di non commuoversi alle tue ciarle e omelie,
ai tuoi versucoli di mirliton, al tuo sussiego da Re di
Cartagine,
se dal loggione non sale sul palcoscenico
e si rannicchia in un angolo delle immense Ninfee.

Credevi che fosse un tuo ciondolo, una piuma del tuo
cimiero.

Tutto ciò non è stato e sii felice se è diversa:
anche se poi talvolta ti assomiglia,
così caparbia e malsicura, così pronta
a prender fuoco per nulla, a lasciarsi ferire.


Altre Storie

                                          Nelle storie
          c'è chi racconta il fatto
                    chi il
             da fare
    e indaffarato progetta il suo
                      destino.
                      
                       Da soli
      si può andare in giro: in due
          si va sempre da qualche parte.
                                        
                   Questo, detto,
                             è
                       fatto
 e il dolore dell'esistenza lo porta in giro.

Daniel Cantaro

A televisioni sciolte Canale 68 [1996]

venerdì 17 dicembre 2010

1995-la-loosetv-di-senti-internet


Editor ha detto...
E' il report dall'esposizione (Reggio Emilia, Ex-Caserma Zucchi, viale Allegri - 8 aprile-7 maggio 1995). La mostra comprendeva circa duecento pezzi usciti dalla "officina" attraverso cui Costa si è dedicato a ibridare le due grandi famiglie espressive della scrittura verbale e della pittura d'immagini, o più in genere dell'animazione plastica dello spazio (da qui il sottotitolo dell'iniziativa, che riprende e adatta al caso un celebre slogan a suo tempo pronunciato dal dadaista Raoul Hausmann). Non di rado la sperimentazione di Costa abbandona i tradizionali supporti bidimensionali per avvalersi del mondo oggettuale delle macchine, ma piegato a intenti ludici e poetici (i flipper).

Internet movies e LooseTv


A Life On Facebook [Great Short Movie]

martedì 14 dicembre 2010

/la-poesia-in-rete-nuovi-media-perche-il-poeta-in-video-su-youtube-piace


- Il fuoco che Prometeo prese agli Dei per donarlo agli uomini, sancì un cambiamento decisivo nelle vite di questi ultimi. Al tempo stesso portò guai alla razza umana, che per tale "furto" fu condannata a vivere in una triste condizione esistenziale. Il fuoco fu allora un'innovazione tecnologica, un fenomeno della natura che lungo il corso della storia abbiamo imparato a dominare e a utilizzare come strumento. Certo il mito di Prometeo non sfiora più la nostra memoria quando ci accingiamo ad accendere il fornello di casa nostra. Nella più recente contemporaneità Roland Barthes ci ha nuovamente avvertiti: ogni nuova invenzione umana verrà inevitabilmente resettata al grado zero della nostra natura. Tuttavia è necessario prestare attenzione agli effetti collaterali: se l'uomo crea un artefatto tecnologico e lo usa ai propri fini, inevitabilmente finisce per assorbirlo nella propria sfera quotidiana e viene da esso de-formato. E' l'inarrestabile corso della naturalizzazione del culturale lungo il quale la nostra specie e la tecnologia hanno da sempre stretto un rapporto osmotico, di reciproca influenza, generando un rapporto circolare fra atteggiamento mentale e artefatto culturale.
Ma ogni cambiamento è una sfida e, per sopravvivere, l'uomo ha messo continuamente in atto delle strategie di adattamento e selezione culturali Questione di conservazione della specie e sopravvivenza delle civiltà. Questione di evoluzione linguistica e decodifica di una realtà sempre più tecnologicamente mediata. Spesso creiamo degli strumenti che poi sfuggono al nostro controllo, e questo è oggi il caso dell'universo digitale che sempre di più incide e scolpisce le nostre vite. E allora forse è il caso di parlarne.[Sara Tirelli]

Alfredo Giuliani / NING/ Not available

Poesie di teatro 1965 > 1986 - Runtime: 4m23s. Views: 122

http://www.youtube.com/v/fHjVDvO3mNw#t=4m13s

Amelia Rosselli. Cos'ha ha il mio cuore che batte

Cos'ha il mio cuore che batte sì soavemente ed egli fa disperato, ei
più duri sondaggi? tu Quelle
scolanze che vi imprissi pr'ia ch'eo
si turmintussi sì
fieramente, tutti gli sono dispariti! O sei miei
conigli correnti peri nervu ei per
brimosi canali dei la mia linfa (o vita!)
non stoppano, allora sì, c'io, my
ivvicyno allae mortae! In tutta schiellezze mia anima
tu ponigli rimedio, t'imbraccio, tu, -
trova queia Parola Soave, tu ritorna
alla compresa favella che fa sì che l'amore resta.

sabato 11 dicembre 2010

Fine della posa

/jean_leon_gerome
http://www.videolife.tk/giovanna+bemporad/

Nel mondo della comunicazione e della trasparenza

Videor 
videorivista di poesia diretta da Elio Pagliarani 
con Nanni Balestrini Corrado Costa Vito Riviello Adriano Spatola 
videoeditor Orazio Converso
la camera blue video

Videor è la prima rivista di poesia su videocassetta. Diretta da Elio Pagliarani, VIDEOR nasce all'indomani della stagione di letture pubbliche di poesia con l'intento di raccogliere intorno ai suoi promotori le personalità poetiche che, ad alti livelli di stile, riportino con le loro   performances la preziosa opacità della scrittura nel mondo della comunicazione e della trasparenza - l'immagine della voce in televisione.
La Camera Blue Video di Roma,conta nei primi tre o quattro numeri di mettere a fuoco un tale progetto.
VIDEOR è realizzata assemblando in VHS materiali di ripresa originale o amatoriale. Per una migliore riproduzione della videocassetta è preferibile collegarsi al televisore in video frequenza.Nell' 89 sarà interamente prodotta con il nuovo sistema SuperVHS.
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VIDEOR anno I, n.2 periodico trimestrale
auto trib. Roma 28.3.88 Reg.Stampa n.199/88
Issn 0394-9222
Direttore Responsabile Nora Barbieri
Edita da La Camera Blue
via Ludovico di Monreale 13 Roma 5805348
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Controcopertina di Videor 1988

Giulia Niccolai

a)    Sovrapponete un triangolo a un quadrato a un cerchio.
        Cosa succede?
        (Se non siete soddisfatti, potete invertire l’ordine).
b)    Prendete tre triangoli e fatevi la piramide di Cheope.
c)    Prendete un quadrato e incorniciatevi.
d)    Prendete due quadrati, mettetevi in mezzo e fate l’uomo sandwich.
e)    Un quadrato in terra con voi sopra fa una pedana. Ballateci il tip tap.
f)     Prendete un cerchio e aureolatevi.
g)    Prendete un cerchio, un dito, e fatelo andare.
h)    Prendete sei cerchi concentrici di colore diverso e fatevi un Noland.
Catalogo, Un modo di farsi l’arte insieme all’artista, Galleria Uscita, Roma, 1970i)     Prendete un uomo nudo (braccia aperte, gambe divaricate) mettetelo in due cerchi appositamente incastrati e fatevi un Leonardo.
l)     Prendete un cerchio, bruciatelo e fateci saltare dentro una tigre.
m)    Cinque triangoli isosceli disposti a stella, fanno una stella.
n)     Un piccolo cerchio nero all’interno di un grosso cerchio giallo fa un girasole.
         D’altronde, due piccoli cerchi gialli all’interno di due grossi cerchi bianchi fanno due uova al tegamino.
o)    Un cerchio giallo fa un sole.
p)    Prendete un cerchio, disegnateci sopra numeri progressivi (dall’uno al dodici – per essere esatti - ) e avrete un orologio.
q)    Prendete un quadrato e scriveteci sopra SI o NO.
r)    Prendete molti quadrati e fateci le parole crociate (avendo cura di dipingere i vuoti di nero).
s)    Prendete due triangoli e avrete un quadrato o un rettangolo.
t)     Ma ricordate: a square is a square is a square!
u)    Prendete un triangolo capovolto e avrete una V. Raddizzatelo, mettetegli una cintura di sicurezza e avrete una A. (Per le altre lettere dell’alfabeto,      seguite le vostre inclinazioni).
v)    Ricominciate dalla a.
z)    Se invece siete stanchi, zzzzzzzzzzz! Andate a dormire.
GIULIA NICCOLAI
(Un modo di farsi l’arte insieme all’artista, Ed. Uscita, Roma, 1970)

giovedì 2 dicembre 2010

un poeta comico: Vito Riviello

vito-riviello-ad-alta-voce.html

riviello_20giugno2009
oraesatta@calabriaora.it

Il 25 sera alla libreria Ubik di Cosenza si parlava di Pasolini

Origliando prima che la serata incominci,quando le persone parlano di cose vere e si confidano certezze e preconcetti:

-Pasolini non si tocca, è un mito, guai a chi lo
infanga. Non passa giorno che non mi chieda
“e che cosa ne avrebbe detto Pasolini?”
- E’ sempre la solita storia: E’ possibile che da
quando è morto non si riesce a fare i conti con
la sua opera? Non ti rendi conto che molti
parlano per sentito dire? Ultimamente ho
chiesto un po’ in giro che cosa avessero letto
e visto questi agiografi e ho scoperto che parlavano
per sentito dire
-E dici niente… una persona che ha osato
esaltare i poveri, i diseredati, chi non ha mai
avuto voce e parola
- Un momento, non facciamo confusione:
Pasolini non è stato l’unico a occuparsi degli
emarginati. Il suo interesse ha padri nobili,
Tersite, Belaqua, Svarto, Useppe e mi fermo
qui. Ovviamente ciò non gli toglie merito, ma
non lo rende esclusivo ed eccezionale
- Emblematico però sì, devi convenirne. Accattone,
Stracci, i sottoproletari delle Terme
di Caracalla, l’antagonista dei famosi versi
officiniani contro PioXII, costituiscono figure
scolpite con un’icastica semplicità, testimonianza
e figura di un grande versificatore
- ma chi lo ha mai messo in dubbio. Il problema
è casomai ascrivere questa capacità, e ovviamente
sensibilità, ad una singolarità che,
a mio parere, è servita più a isolarlo che a
comprenderlo. Se vogliamo rimanere alla casistica
fraseologica che tenta, maldestramente,
di chiamarlo a pronunciarsi su tutto, dovremmo
sconsolatamente concludere che se
rinascesse, sarebbe il primo a ribellarsi. Farne
un santo equivale a farlo rivoltare nella
tomba
- Ma allora secondo voi
-Prego, non parlare al plurale con me
- D’accordo. Quindi secondo te, quale sarebbe
il messaggio che ha lasciato Pasolini?
- Sai bene che non mi va di parlare in termini
di messaggi, proclami, dettami, prescrizioni.
Ma comunque, penso che andrebbe
sottolineato, principalmente per le giovani
generazioni, che il conflitto tra epoca d’oro,
da paradiso perduto insomma, e dannazione
umana per fronteggiare le difficoltà della cosiddetta
perdita d’innocenza è vecchio quanto
il mondo. L’uomo, per una corrente di
pensiero, sarebbe stato felice ed immacolato,
graziato da un ozio imperituro fino a
quando per una dannazione peccaminosa
non avrebbe dovuto fronteggiare le difficoltà
servendosi della strumentazione umana
per eccellenza, la ragione, con la quale addomesticare
gli animali, disciplinare le acque,
fertilizzare la terra. Pasolini si inserisce in tale
tradizione e sentenzia “il mondo agropastorale
è stato inquinato, schiacciato e distrutto
da una borghesia vorace e impietosa,
che attraverso scuola media unificata, televisione
e sessantottini ha cancellato l’innocenza
dell’aureo evo borgataro romanesco e contadino
friulano
- Detta così, mi sembra una storiella semplicistica
- Non sono io a dirlo, ma i suoi falsi estimatori,
quelli che hanno bypassato il Sogno di
una cosa e L’usignolo della chiesa cattolica
per arrivare alla lettera a Gennariello o alle
missive al Palazzo senza scandagliare il travaglio
edipico e il reportage dell’Orestiade
africana, assetati di verità che li acquietassero.
Forse inconsapevoli che la realtà nuova
consegna la plebe che tanto intrigava Pasolini
ad un’ideologia del benessere che sicuramente
lo avrebbe disgustato
-Guarda, sarà pur vero ciò che dici, ma io non
sopporto questi intellettuali che spaccano il
capello in quattro e non riconoscono una patente
di martire a chi ha pagato di persona
per le sue idee
- E torniamo al solito equivoco Letteratura
Vita, dal quale Pasolini non uscì permettendo
a Sanguineti di elaborare un necrologio
che ne plaudiva la morte come uno degli ultimi
fuochi di un romanticismo stentoreo
- mi sembra un po’ troppo
- chi va per quella strada, deve aspettarsele
trovate del genere. La querelle durava da Officina,
Gruppo 63, Novissimi e forse era bene
che si formalizzasse anche con un pizzico
di crudele cinismo. Il guaio è venuto dopo.
Bisognava leggere, analizzare, discutere, ed
invece è iniziata la santificazione, per cui chi
aveva battagliato, provocato, con impertinenza
e coraggio, è divenuto l’icona dell’anticonsumismo,
del moralista, del poeta indiscusso.
E Pasolini? Scomparso nel fumo degli
apologeti, nella migliore delle ipotesi strumentali,
quando non ignoranti
- Ma allora, chi è stato per te Pasolini?
- Il poeta delle Ceneri di Gramsci, il regista
della Ricotta, l’intellettuale che, in linea con
il Novecento, ha tentato di trovare una cifra
stilistica che coniugasse la Passione civile con
le Ideologie che le si volevano incontrare. Ma
fu anche il compagno di scuola di Leonetti e
di Roversi, il calciatore compagno di giochi di
Franco Farolfi. E perché no, l’omosessuale
che la sera cercava sui marciapiedi della stazione
Termini adolescenti e giovanotti che si
intrattenessero sessualmente con lui, come
facevano i normali “ricchioni” (non gay) del
suo tempo, dei quali, dopo il delitto del Circeo
e lo stupro di Cinecittà andava scoprendo
tratti che nulla avevano a che fare con i
sottoproletari di vent’anni prima
- Ed allora?
-Allora invitiamo a leggerlo Pasolini, anziché
santificarlo. E principalmente facciamolo
leggere in compagnia degli intellettuali del
suo tempo
La serata sta per incominciare. Il cammino
incomincia, il viaggio è già finito: avrebbe,
ahimè, proclamato Pasolini.


SABATO 27 giugno 2009  PAGINA 3 calabria ora ora esatta
Non si è mai in ritardo sulla nostra vita. La clessidra, il libro, ogni volta ci indicano l’ora esatta.
oraesatta@calabriaora.it
di Giorgio Franco

mercoledì 1 dicembre 2010

La tipografia e il libro

RitaPlacidi1982 ha aggiunto un commento su
Amedeo Quondam. La tipografia e il libro

Il migliore... l'amore per ciò che insegna glielo
si legge dalla passione che ci infonde ogni volta a lezione!

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domenica 28 novembre 2010

stay tuned

una guida di meno

Patrizia Vicinelli:

vastowildbrothers
ha aggiunto un commento
su Patrizia Vicinelli:

INSANE

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giovedì 18 novembre 2010

da Paterson

- e si sposano solamente per distruggere, in
privato, quando
sono soli solamente per distruggere, per
nascondersi
(nel matrimonio)
perché possano distruggere senza essere notati
in esso - i distruttori
La morte verrà troppo tardi per recarci aiuto
Quale fine tranne l'amore, che fissa la morte negli
occhi?
Una città, un matrimonio - che fissa la morte
negli occhi
L'enigma di un uomo e di una donna
Che altro c'è, infatti, se non l'amore, che fissa la
morte
negli occhi, l'amore che genera il matrimonio -
non infamia, non morte
sebbene sembri che l'amore non generi
altro che morte nei drammi antichi, solo la morte, è
come se preferissero la morte in luogo d'affrontare
l'infamia, l'infamia delle antiche città
mondo di corrotte città,
e nient'altro, che la morte fissa negli occhi,
privo d'amore: non palazzi, non giardini nascosti,
non acqua tra le pietre; i corrimani di pietra
delle balconate, incavati, su cui scorre
l'acqua chiara, e senza pace
sono asciutte. È estate, è
la 
Le acque
sono asciutte.E' estate e' finito
Cantami una canzone che renda la morte
sopportabile, una canzone
di un uomo e di una donna: l'enigma di un uomo
e di una donna.
Che lingua ci calmerà la sete,
che venti ci solleveranno, che flutti ci porteranno
oltre le sconfitte
se non il canto, il canto immortale?
La roccia
sposata al fiume
non dà
suono.
E il fiume
passa - ma io rimango
e chiamo
e invoco senza posa a voce alta
gli uccelli
e le nuvole
(ascoltando)
Chi sono io?
-la voce!
- la voce s'innalza, trascurata
(con il suo nuovo) il linguaggio
mai esitante. Non c'è liberazione?
Piantala. Lascia tutto. Smetti di scrivere.
"Come il Santo" tu non separerai
mai quella macchia di senso,
insulto
all'amore, il verme della mente, che
ròsica il nocciolo, inappagato
- non separerai mai quella macchia
di senso dalla massa inerte. Mai.
Mai quella radiosità
squartata,
non raggiunta dai simboli
Dottore, crede lei nel
"popolo", nella Democrazia? Crede
ancora - in questo
scolo di città corrotte?
Ci crede, dottore? Ancora oggi?
Abbandona
la poesia. Abbandona !'incertezza
dell'arte.
Che cosa puoi, che cosa
puoi TU sperare di concludere -
su un mucchio di biancheria sporca?
- tu
poeta (scacciato) dal Paradiso?
È un libro osceno? Ci giurerei
che è un libro osceno, disse.
La morte è in attesa,
sorella gentile -
piena di parole assenti,
parole che mai vengono dette -
la sorella gentile dei poveri.
La sostanza sfolgorante che
resiste e alla fine non si muta in cristallo
nella pechblenda
la sostanza sfolgorante
Ci fu una luce antica, di colori prismatici : di dove alle
Nuove Barbados venne l'inglese
Così ebbe inizio

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