martedì 24 aprile 2012

il bombito della sua voce discendente


- Vengo, rispose Mulligan.- 
Si voltò verso Stephen e disse: 
- Guarda il mare. Che cosa gliene importa delle offese? Pianta Loyola, Kinch, e vieni giù. Il sassone reclama le sue trance mattutine di bacon.- La sua testa tornò a fermarsi per un momento in cima alla scala al livello del tetto. 
- Non mugugnarci sopra tutto il giorno, disse. Io parlo a vanvera. Desisti da codeste ruminazioni.- 


La testa scomparve ma il bombito della sua voce discendente emergeva rombando 
dalla cima delle scale: 
Non appartarti più per ruminare Sull'amaro mistero dell'amore Poi che Fergus governa i bronzei cocchi.- 
Ombre silvane attraversavano fluttuando silenziose la pace mattutina dalla cima della scala verso il mare dove egli teneva fisso lo sguardo. Sulla spiaggia e più al largo biancheggiava lo specchio d'acqua sommosso da piedi frettolosi dai leggeri calzari. Bianco seno di fosco mare. Vocaboli paralleli, a due a due. Mano che pizzica le corde dell'arpa congiungendo gli accordi 
paralleli. Bianche dosi appaiate parole baluginanti sulla fosca marea. 
Una nuvola cominciò a coprire lentamente il sole, ombreggiando la baia di verde più fondo. Era alle sue spalle, bacino d'amare acque. La canzone di Fergus: la cantavo da solo in casa, tenendo in sordina i lunghi cupi accordi. La porta della sua camera era aperta: lei voleva sentire la mia musica. Silenzioso di sgomento e pietà mi avvicinai al suo capezzale. Piangeva nel suo letto sciagurato. Per quelle parole, Stephen: amaro mistero dell'amore. 
E ora dove? 
I suoi segreti: vecchi ventagli di piume, carnet di ballo con le nappe, incipriati di muschio, un fronzolo di chicchi d'ambra nel cassetto chiuso a chiave. Una gabbia da uccelli era appesa alla finestra soleggiata di casa sua quand'era bambina. Aveva sentito il vecchio Royce cantare nell'operetta di Turko il terribile e riso con gli altri quand'egli cantava: 
-Sono io il bimbo Possessor del nimbo Che lo fa invisibile. 
Fantomatica gioia, piegata e messa via: profumata di muschio. 


Non appartarti più per ruminare 


Piegata e messa via nella memoria della natura con i suoi balocchi. 
Ricordi gli assalivano il cervello rimuginante. Il bicchier d'acqua del rubinetto di cucina quando s'era accostata al sacramento. Una mela svuotata, piena di zucchero caramellato, a rosolarsi per lei sul focolare in una buia sera d'autunno. Le sue unghie affusolate rosse del sangue di pidocchi strizzati sulle camicie dei bambini. 
I suoi occhi invetriati, fissi da oltre la morte, per scuotere e piegare la mia anima. Su me solo. La candela fantasma a illuminare la sua agonia. Luce spettrale sul viso tormentato. Il forte respiro rauco rantolante d'orrore, mentre tutti pregavano in ginocchio. I suoi occhi su di me per abbattermi. 
Liliata rutilantium te confessorum turma circumdet: jubilantium te virginum chorus excipiat. 
Lemure (spettro)! Masticatore di cadaveri! 
No, mamma. Lasciami stare e lasciami vivere. 

Foto di Sandycove House B&B, Castletownshend
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- Oh issa Kinch!- 
La voce di Buck Mulligan, cantava ripetendo il richiamo. Stephen, ancora tremando al grido della sua anima, udì un caldo scorrere di luce solare e parole amiche nell'aria alle sue spalle. 


Dedalus, scendi, da bravo marmocchio. La colazione è pronta. Haines fa le sue scuse per averci svegliati la notte scorsa. Tutto è in regola.- 
- Vengo, disse Stephen volgendosi.- 
- Forza, per amor di Gesù, disse Buck Mulligan, per amore di me e per amore di 
tutti noi.- 
La sua testa sparì e riapparve. 
- Gli ho detto del tuo simbolo dell'arte irlandese. Dice che è molto ben 
trovato. Spremigli una sterlina, ti va? Una ghinea, piuttosto.- 
- Mi pagano stamattina, disse Stephen.- 
- Quel casino di scuola? disse Buck Mulligan. Quanto? Quattro sterline? 
Prestacene una.- 
- Se ti serve, disse Stephen.- 
-Quattro sovrane splendenti, gridò Buck Mulligan con gusto. Faremo una 
grandiosa bevuta da sbalordire i druidi (sacerdoti degli antichi celti). 
Quattro onnipotenti sovrane.- 
Agitò le braccia in aria e caracollò giù per gli scalini di pietra, cantando 
stonato con accento londinese: 
Che bella festa, che bel festino Con whisky, birra e vino Quando è il dì Il dì dell'Incoronazione Che bella festa, che bel festino Il dì dell'Incoronazione! 


Calda solarità in festa sul mare. 
Nel fosco tinello a cupola della torre la sagoma di Buck Mulligan in vestaglia andava e veniva arzilla al focolare, nascondendone e scoprendone il giallo barbaglio. Due fasci di morbida luce mattutina piombavano dagli alti barbacani sul pavimento lastricato: all'incrocio dei loro raggi una nuvola di fumo di carbone e vapori di grasso fritto aleggiava, mulinando. 
- Finiremo asfissiati, disse Buck Mulligan. Haines, apra quella porta, le spiace?- 
Un'alta figura si levò dall'amaca dove stava seduta, andò alla bussola e spalancò i battenti interni. 
-Ha la chiave? domandò una voce.- 
-L'ha Dedalus, disse Buck Mulligan. Mondo cane, soffoco. 
Berciò senza alzare gli occhi dal fuoco: Kinch!- 
- E' nella toppa, disse Stephen, venendo avanti.- 
La chiave stridette due volte aspramente e, quando la pesante porta venne socchiusa, entrarono gradita luce e aria vivida. 
Haines rimase nel vano, guardando fuori. 
Stephen trascinò fino al tavolo la sua valigia volta all'insù e sedette in attesa. 
Buck Mulligan spadellò il fritto sul piatto. 
Poi portò al tavolo il piatto e una gran teiera, li mise giù pesantemente e dette un respiro di sollievo. 
- Mi sto sciogliendo, fece, come disse la candela quando... Ma zitti. Non una parola di più su questo argomento. Kinch, sveglia. Pane, burro, miele. Haines, s'accomodi. Il rancio è pronto. Benedici noi, o Signore, e questi tuoi doni. Dov'è lo zucchero? Cribbio non c'è latte. 
Stephen andò a prendere dalla credenza la pagnotta e il vasetto del miele e la vaschetta del burro. Buck Mulligan si sedette con improvvisa stizza. 
- Che casino è questo? disse. Le avevo detto di venire dopo le otto. 
- Possiamo prenderlo scuro, disse Stephen. C'è un limone nella credenza.- 
- Al diavolo te e le tue manie parigine, disse Buck Mulligan. Voglio latte di 
Sandycove.- 


Haines, il più vicino alla porta, disse tranquillamente: -Sta salendo quella donna col latte.- 
- Haines, Iddio la benedica, gridò Buck Mulligan saltando su dalla seggiola. Versi il tè. Lo zucchero è nel sacchetto. Forza, ne ho abbastanza di giostrare con queste uova della malora. Trinciò in lungo e in largo la 
frittata nel piatto e la sbatté su tre piattini, dicendo: 


In nomine Patris et Filii et Spiritus Sancti. 


http://freeforumzone.leonardo.it/discussione.aspx?idd=8702499

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