Elio Pagliarani a via Margutta
(..) dal Laboratorio di poesia che creò alla fine degli anni Settanta a Roma, (..) soprattutto un poeta, un umanista come quelli di un tempo, una persona dotata di un’incredibile capacità di ascolto. Anche se parlava poco (aborriva la lezione) avrebbe comunque voluto dirci delle cose, farci fare ad esempio dei «collage» alla maniera dell’avanguardia, ma sapeva bene in cuor suo che noi non li avremmo mai fatti. Il cuore del Laboratorio era la lettura dei nostri testi, seguita dal suo formidabile giudizio, e da una libera discussione che egli pilotava in modo magistrale. Tra il testo e il giudizio c’era una lunga pausa, un silenzio terribile e panico, Elio teneva gli occhi chiusi e aspirava la sua pipa, poi emetteva un verdetto che, se anche severo, era sempre geniale, e ci illuminava tutti. [Claudio Damiani, marzo 2012]
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